Mohamedou Ould Slahi è il detenuto numero 760 del campo di prigionia di Guantánamo, nel quale è costretto dall’agosto 2002 con l’accusa di essere coinvolto nella pianificazione di attacchi terroristici contro le città di Toronto e Los Angeles. Ritenuto vicino ad Al Qaeda fino al 1992, ad oggi nessun tribunale è mai riuscito ad accusarlo formalmente di alcun crimine, tanto che nel 2007 FBI, CIA e Intelligence hanno stabilito che non esistono collegamenti fra lui e alcun atto di terrorismo.
Eppure, pur essendo stato scagionato nel 2010 da una corte federale per assenza di prove a suo carico, è tuttora trattenuto nel carcere di Guantánamo e secondo i suoi legali ci sono pochissime possibilità che il 2015 possa essere l’anno della sua definitiva scarcerazione. “Si trova in una situazione che potremmo definire un orribile limbo giudiziario”, ha spiegato il suo avvocato Nancy Hollander. “È semplicemente tragico: deve tornare a casa”.
Nel 2005 Mohamedou, 44enne della Mauritania, ha cominciato a descrivere la sua esperienza da prigioniero in un diario, scritto con l’inglese che è riuscito a imparare in carcere, nel quale racconta del trattamento e delle umiliazioni che è costretto a subire quotidianamente nel campo. Interrogatori, violenze sessuali, percosse, privazione del sonno, minacce a lui e ai famigliari: vessazioni che lo hanno persino portato a confessare crimini mai effettivamente compiuti, così da poter porre fine alle torture.
Il diario è stato raccolto e pubblicato col titolo “Guantánamo Diary” (in Italia “12 anni a Guantánamo”, Edizioni Piemme), il primo libro scritto da un detenuto della struttura di massima sicurezza ancora costretto alla prigionia, ed è stato tradotto in 20 lingue.
Classificato come materiale “riservato” per molto tempo, il manoscritto è stato reso pubblico dopo battaglie legali durate anni e alcuni pesanti interventi redazionali, in ragione dei quali è stata chiesta la censura - anche per pagine intere - a riferimenti ai nomi delle guardie e ad altri dettagli. Nella biblioteca che la struttura offre ai prigionieri, e che ospita più di 19mila libri, “Guantánamo Diary” non è tuttora un titolo disponibile.
Larry Siems è l’editor che ha lavorato sul manoscritto originale e l’ha reso un documento storico di fondamentale importanza: per anni direttore del Freedom to Write and International Programs presso il PEN American Center di New York, è attivista e autore di libri come “The torture report. What the documents say about America’s post 9/11”, nel quale ha analizzato le oltre 140mila pagine di documenti sulle torture perpetuate sotto l’amministrazione Bush.
Grazie alla collaborazione della casa editrice Piemme, Larry Siems sarà ospite del Festival Internazionale del Giornalismo, a Perugia dal 15 al 19 aprile, per parlare di “12 anni a Guantánamo” e di quanto emerge, in termini di diritti civili e umani, dal racconto di Mohamedou Ould Slahi.