Nel 2006 il settimanale satirico Charlie Hebdo decise di ripubblicare le vignette del giornale danese Jilland-Posten che avevano provocato un’ondata di violenza a causa della raffigurazione, ritenuta blasfema, del profeta Maometto. La copertina di quel numero fu disegnata da Jean Cabut, “Cabu”, e mostrava Maometto con la testa fra le mani, disperato. “C'est dur d'être aimé par des cons”.
Il 7 gennaio 2015 la redazione di Charlie Hebdo verrà attaccata da un commando di terroristi, decisi a vendicare la derisione dei simboli della fede e la linea del giornale sulla religione. Cabu e altri 11, tra i quali i vignettisti Charb, Tignous e Wolinski, perderanno la vita.
Charlie Hebdo era testata nota per un’orgogliosa anarchia creativa, pronta a sfidare simboli e demolire credenze, e decisa a difendere - con questo gesto - la libertà d’espressione dei colleghi europei e di tutti i vignettisti. La scelta della pubblicazione delle vignette danesi, e di quella d’apertura, non fu casuale.
Cabu in questo senso rappresentava perfettamente l’anima del giornale: anticonformista, antireligioso, antimilitarista, dissacrante, sarà lui a firmare la cover che, per citare le parole di Florence Martin-Kessler su Nieman Reports, diventerà un folle e amaro «conto alla rovescia verso la morte».
Un epilogo che, se possibile, diventa ancora più assurdo rivivendo la nascita di quella copertina, di quel “Maometto”: in quegli stessi minuti, mentre la redazione si riuniva attorno al tavolo per cercare idee e proporre schizzi, i videomaker Jerome Lambért e Philippe Picard stavano girando il documentario “Cabu, politiquement incorrect!”, e registrando quasi involontariamente un pezzo di storia contemporanea.
La vignetta prende forma sotto lo sguardo delle telecamere, con semplicità e naturalezza. Un processo creativo che non tiene conto di quali conseguenze possano portare la libera espressione del pensiero e della satira, pur avendo la precisa percezione del fatto che quei “pupazzi”, come li definirà l’amico e collega Luz, di lì a poco costeranno loro una libertà più o meno vigilata, l’assegnazione di guardie del corpo, l’arrivo di minacce a vario titolo.
Per commemorare le vittime dell’attacco a Charlie Hebdo, il Festival Internazionale del Giornalismo proietterà per il pubblico “Cabu, politiquement incorrect!”, alla presenza degli autori Jérome Lambert e Philippe Picard.