di Marco Nurra
Abdalaziz Alhamza e Hussam Eesa, co-fondatori di 'Raqqa is Being Slaughtered Silently', saranno ospiti del Festival Internazionale del Giornalismo #ijf16.
Siamo intrappolati tra due forze violente e brutali. La prima è un regime criminale, ossessionato dal potere, che sostiene di combattere il terrorismo, uccidendo bambini. La seconda diffonde crudeltà e ingiustizia, dipingendo di nero il nostro paese. Entrambe ci considerano criminali perché riveliamo al mondo ciò che fanno. Soltanto nominare 'Raqqa is Being Slaughtered Silently' è diventato un crimine punibile con la morte.
Il 25 novembre 2015 a New York Abdelaziz Alhamza, per conto di Raqqa is Being Slaughtered Silently (RBSS), ha ricevuto il premio International Press Freedom per il lavoro svolto in questi anni.
Probabilmente non siamo giornalisti professionisti, probabilmente siamo solo 'citizen journalist'. Non ci importano molto le etichette. Vogliamo soltanto affermarci, sul campo, come una forza che affronta il regime più brutale, quello di Assad, e l'organizzazione più pericolosa, l'ISIS.
Almeno tre di loro hanno pagato con la vita.
Il massacro silenzioso di Raqqa
Nel nord della Siria, vicino al confine con la Turchia, si erge la città di Raqqa, considerata il quartier generale e la capitale dello Stato Islamico. Uno dei posti più censurati al mondo.
La mancanza di giornalisti sul terreno, tanto nazionali quanto internazionali, i sequestri, le crocefissioni, le decapitazioni e la repressione di ISIS avevano creato una cortina di silenzio attorno a Raqqa, impenetrabile dalla stampa straniera. Fino a quando un gruppo di giovani giornalisti e attivisti siriani ha lanciato una campagna d’informazione rivoluzionaria chiamata Raqqa is Being Slaughtered Silently, con l’obiettivo di pubblicare e diffondere online contenuti in arabo e in inglese che documentassero il massacro che si stava compiendo nella loro città.
Il gruppo Raqqa is Being Slaughtered Silently è nato due anni fa, nell’aprile del 2014, come risposta ai crimini commessi dallo Stato Islamico. "Per noi è stato un dovere. Prima lottavamo contro il regime del governo, ma adesso abbiamo un regime persino peggiore”, ha dichiarato uno dei fondatori, Abdalaziz Alhamza, al Times.
Dal 2013 a oggi sono stati assassinati più giornalisti in Siria che in qualsiasi altra parte del mondo, secondo i dati elaborati da CPJ. Quando il rischio è diventato insostenibile, le grandi agenzie giornalistiche hanno ritirato i loro reporter dal paese, lasciando un grande vuoto informativo dietro di sé.
In questo contesto di isolamento internazionale, molti giornalisti e blogger locali si sono organizzati in gruppi cittadini per opporsi alla censura di ISIS e denunciare cosa stava accadendo nel paese. La prima volta che ISIS ha crocefisso uno dei suoi prigionieri, a dare la notizia a tutto il mondo è stato un attivista di RBSS. “Eravamo già oppositori di Assad, ma dopo che la nostra città è stata liberata e dopo che ISIS si è preso la nostra libertà, abbiamo deciso di lanciare RBSS per rendere pubblici i suoi crimini”, ha spiegato uno di loro in un’intervista a VICE News.
Raqqa è stata la prima città a essere liberata dall’oppressione del regime. “Questa era una città normale come tante altre nel mondo”, si legge nell'articolo pubblicato da VICE News. “C’erano donne che lavoravano come dottoresse, avvocate, insegnanti. C’erano molte donne che non indossavano neanche il hijab. Prima di ISIS, prima della guerra civile, era una città normale”.
Quando le prime informazioni prodotte da RBSS hanno iniziato a diffondersi sui social network e sui giornali di tutto il mondo, è cominciata una vera e propria caccia all’uomo per scoprire i responsabili, per sapere chi fossero “gli infedeli”.
Almeno tre di loro hanno pagato con la vita. Al-Moutaz Bellah Ibrahim è stato sequestrato e assassinato nel maggio del 2014. Ibrahim Abd Al-Qader è stato ucciso nel suo appartamento in Turchia, al confine con la Siria, nell’ottobre del 2015. E Ahmad Mohamed Almossa è stato assassinato nel dicembre del 2015 a Idlib, nel nordovest della Siria, da alcuni uomini incappucciati.
Raqqa is Being Slaughtered Silently è formato da circa 17 persone. La loro strategia rispetto a due anni fa è cambiata: prima tutti abitavano a Raqqa, raccoglievano materiale con i loro smartphone (foto e video, principalmente) e lo pubblicavano su Facebook e su Twitter. Con una semplice perquisizione chiunque poteva essere identificato come membro di RBSS. Adesso, invece, 12 di loro vivono dentro la città e comunicano con i 4 che stanno fuori attraverso un gruppo segreto online. Chi vive a Raqqa carica tutto il materiale sul gruppo: foto, video, notizie, dati; e chi sta fuori (al sicuro) si occupa di organizzare e diffondere i contenuti su Facebook, su Twitter, sul sito, e di filtrare le notizie ai giornalisti internazionali.
Nonostante queste precauzioni il rischio di essere scoperti è altissimo: scattare foto dentro la città è proibito, la connessione a internet è molto lenta e gli Internet coffee sono controllati da ISIS. “Esiste una ricompensa per chiunque uccida uno di noi. Non conosco la cifra, ma sono sicuro che è consistente”, ha precisato Alhamza.
Il discorso di Abdelaziz Alhamza durante la cerimonia di premiazione dell'International Press Freedom:
Lasciate che vi illustri la grandezza della nostra sofferenza. Questa bella città, New York, ha una popolazione di circa 8 milioni e mezzo di abitanti. Immaginate che più di due milioni di persone venissero obbligate a lasciarla e che la città rimanesse senza insegnanti, dottori o postini. La gente guarda la sofferenza della Siria e pensa che è lontanissima da loro. Ma la distanza da Damasco a Roma è quasi la stessa che c'è da New York a Miami.
Abdalaziz Alhamza e Hussam Eesa, co-fondatori di Raqqa is Being Slaughtered Silently, saranno ospiti del Festival Internazionale del Giornalismo #ijf16: