Alla ricerca del giornalismo perduto

Il panel si incentrerà su un punto fondamentale: la transizione del giornalismo dalla carta stampata al digitale e le conseguenze di questo passaggio.

Ci consegnerà un nuovo modo di fare giornalismo, ma pur sempre coerente e pertinente alla sua mission  o assisteremo alla scomparsa del mondo dell'editoria?

Ezio Sciarra, professore dell' Università "Gabriele D' Annunzio" di Chieti-Pescara, introduce il concetto del "citizen journalism", grazie al quale ognuno di noi potrebbe improvvisarsi giornalista con l'aiuto delle nuove tecnologie.

Lascia quindi la parola al professor Philip Meyer, professore emeritus dell' Università del North Carolina, uno dei più grandi studiosi di comunicazione del secolo nonchè premio Pulizter negli anni '70.

Con l'aiuto di diapositive, Meyer illustra ciò che ha constatato e analizzato nel suo libro "The Vanishing Newspaper".

Il professore statunitense prevede che entro il 2043 non ci saranno più lettori di giornali: grazie a dei dati forniti dall' American Society of Newspaper Editors, mostra il rapido decrescendo, sia dei giornali venduti dagli anni '70 ad oggi, sia dei lavoratori assunti all' interno delle redazioni; un calo registrato soprattutto negli anni '90 con l' avvento del world wide web.

Meyer parla della strategia difensiva di Michael Porter, professore all' Università di Harvard che si è specializzato nel salvare società danneggiate dall' arrivo delle nuove tecnologie.

Cita il caso in America di Craig Newmark, il quale grazie alla sua "craiglist" dà la possibilità di pubblicare annunci per i più svariati servizi e le persone possono consultarli gratuitamente.

La mission del giornale, per Meyer, è quella di influenzare l'individuo nell' acquisto e quindi di fidelizzarlo, di conseguenza più cresce l'influenza che il giornale ha sulle persone, più è prezioso il suo spazio pubblicitario.

Cosa si può fare? si interroga Meyer; bisogna professionalizzare chi ha intenzione di intraprendere il mestiere del giornalista, seguire un codice deontologico, acquisire competenza e fornire un servizio pubblico.

Negli USA si stanno seguendo le regole sbagliate: non bisogna privilegiare le produzioni a basso costo che presentano anche un basso contenuto.

Il rischio è poi quello di chiudere le informazioni in compartimenti stagni.

Interviene il professore dell' Università di Napoli Derrick de Kerckhove, il quale concorda con l' ultima affermazione di Meyer, affermando che proteggere gli spazi pubblici è il cuore del giornalismo.

Secondo de Kerckhove bisogna far acquisire fiducia al lettore, fargli percepire affidabilità, competenza e il perseguimento di un' etica professionale.

In questo momento stiamo vivendo la terza fase di un processo evolutivo: quella dei telefonini e del wi.fi; dove tutti, riprendendo il discorso iniziale di Sciarra possono approdare al "citizen journalism".

Questa fase è preceduta dalla seconda che è quella della digitalizzazione e dalla prima che è ovviamente la carta.

Interviene, via skype, dalla Svezia il dottor Ulf Karnell, capo settore comunicazione dell'ufficio di registro delle compagnie svedesi.

Karnell illustra il percorso che ha fatto il giornale svedese "Poit" , che fra l'altro è il giornale più antico del mondo, fondato dalla regina Cristina di Svezia nel 1645.

Il giornale, che si occupa per lo più di questioni ed annunci legali, nel 2006 vendeva circa 1000 copie l'anno; dal 2007, anno in cui è stato messo in rete, vanta circa 3000 visite al giorno.

Oggi la versione cartacea di "Poit" non esiste più, ma Karnell ritiene che la testata svedese rimane comunque un giornale e che ha raggiunto non solo l' obiettivo di diventare più popolare grazie alla rete ma ha anche ridotto i costi: la redazione del vecchio "Poit" era costituita da 10 persone, quella del nuovo da 2.

La parola va a Lorenzo Del Boca, presidente dell' Ordine dei Giornalisti, il quale ammette di guardare a questa crisi della professione con uno spirito diverso, con un' atteggiamento non neutrale, come può essere quello degli accademici.

Questa crisi viene combattuta con gadgets allegati ai giornali che lasciano il tempo che trovano: se da una parte, almeno da una prima impressione il problema economico sembra risolto grazie a questo escamotage, dall'altra comunque rimangono le copie invendute e il rilevamento di personale non qualificato.

Il punto, secondo il presidente Del Boca è che la professione che i giornalisti hanno imparato non c' è più, c' è piuttosto un impoverimento della stessa.

Del Boca, non vede nel caso di "Poit" una nuova frontiera del giornalismo bensì la perdita della trasmissione di un sapere verticale, una perdita della memoria.

La parola chiave è credibilità, che si acquisisce solo con lo studio e con la disciplina.

Bisogna creare un G8 dell' informazione.

Chiara Napoli

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