Teatro Pavone gremito di gente. Alle ore 21.45 un applauso fragoroso sfuma nel canto popolare intonato dalla solista Giuseppina Cesarin, al suo seguito una polifonia di sensazioni suggerite dagli strumenti della Compagnia delle Acque di Gualtiero Bertelli (voci, fisarmonica, tastiere, sax, chitarra, contrabbasso e percussioni). Un canto dà avvio allo spettacolo teatrale di Gian Antonio Stella “Negri, Froci, Giudei & Co”, messa a rilievo di alcuni estratti del suo saggio. Smorza il canto Bertelli che ci propone un monologo in veneziano e a proposito di veneziani, tra i quali ricorda un po' melanconico e un po' a compatirla la povera “Nonna Bettina” che pensava che Venezia fosse il centro del mondo e che sotto il Po si fosse tutti napoletani.
Lo scheletro dello spettacolo è la voce narrante di Stella, una voce che parte proprio dalla considerazione di “Nonna Bettina”, quella di essere il cuore del mondo, per fare un confronto tra civilità e luoghi e verificare come l'idea sia la stessa per tutti, da tanti e tanti anni orsono.
Ed ecco quindi che Erodoto considerava la Grecia punto privilegiato da cui guardare la terra, e che più ci si allontanava da questo più le persone risultavano strane, quasi... bestie! E da qui nasce il disprezzo e la rabbia per il diverso, per questo barbaro incapace di parola, che ci spaventa perché non si comprende, perché non lo si può delineare. Quindi diventa il nostro peggior nemico.
Si prosegue con la musica dei “battipali” veneziani, canti di lavoro con tema: la preghiera a Gesù Cristo, per l'ossessione dei turchi. È in questo alternarsi tra canzone popolare, sprazzo di emozione proposta dalla compagnia e la dichiarazione pacata di Stella, esegesi di documenti e immagini proiettate sullo schermo, che lo spettacolo si fa testimonianza di una verità che spesso si tende a dimenticare: il fatto che si fa fatica a sopportare l'odore dello Straniero. Un odore che ha portato gli italiani ad essere i primi a fare i bombardamenti aerei, nel colonialismo in Libia. Un odore che ha aizzato questo desiderio di purificarsi di tutto ciò che consiste in altro, fuori di noi. Buttare fuori l'altro. Il massacro dell'altro.
Stella ci offre la verità: questo massacro nelle vecchie fotografie scattate nei campi di sterminio, in un medley d'immondizia attuale estratta da Internet, in cui ci sono brani di cantautore modificati con formule chiaramente antisemite e “nostalgiche di violenza”.
Il problema, ci dice Stella, è che si sta cercando di Dimenticare. Cosa?
Gli italiani nelle foibe, rimossi dalla coscienza nazionale, “li bandi contra li Cingari!” e i bambini dei “cingari”, gli omosessuali impalati nelle piazze, a Treviso.
Cancellati, non se ne parla!
Irrompe violento, a mo' di lagna funebre, il “Lamento per la morte di Pasolini” di Giovanna Marini, cantato a tre voci dalla compagnia.
Giovanna Marini la sola, dice Stella, ad aver trovato le parole per descrivere quel momento.
E gli italiani continuano ad illudersi di non essere mai stati razzisti.
Lo spettacolo di Stella è la rottura con quest'illusione, è un'esplosione meditata di chi non può più tacere di fronte l'ingiustizia.
Una storia che ricorda che siamo persone singole, quando Nelson Mandela rivolle i resti della vergine ottentota esposti nel museo di Parigi.
Tutti un po' carnefici un po' vittime, un po' lupi un po' agnelli... ad Israele, potremmo imparare a convivere in una polifonia di parti, capaci di evolversi insieme ma mantendosi diverse ed autentiche.
Giulia Merelli