Ad un anno di distanza dall’inchiesta giornalistica passata alle cronache come “Le 10 domande di Repubblica a Silvio Berlusconi”, il direttore del quotidiano stesso Ezio Mauro e Angelo Agostini, direttore della rivista I Problemi dell’informazione si sono dati appuntamento al Festival del Giornalismo di Perugia per raccontare quest’esperienza e in un Teatro Pavone gremito e ansioso, il direttore ha dato sfogo a tutta la sua verve e la sua passione per la politica.
«L’avventura delle dieci domande – dice Mauro-, è stata è un semplice e pure inchiesta giornalistica, nata nel momento in cui le contraddizioni di Silvio Berlusconi, sulla sua visita a Casoria, sono state evidenti a tutti». Non c’è stata quindi nessuna elucubrazione politica dietro, semplicemente a Repubblica si sono sentiti in diritto e in dovere di porgere delle domande chiarificatore al premier, e nel momento in cui queste domande non hanno trovato risposta sono state pubblicate. La prosecuzione delle campagna per circa sei mesi aveva come obiettivo quello di non addormentare l’opinione pubblica sulla vicenda, nella speranza che il pubblico non smettesse di indignarsi per le non risposte di Berlusconi.
Delle risposte sono poi arrivate, Berlusconi infatti ha in parte risposto alle 10 domande concedendo un’intervista a Bruno Vespa in vista della pubblicazione del suo ultimo libro Donne di Cuori; risposte che il direttore di Repubblica denuncia ancora oggi come «incomplete e ovattate, sono arrivate cioè attraverso il suo “notaio personale”, senza la presenza di un contraddittorio. Il che rivela anche un limite enorme per il Presidente del Consiglio: l’impossibilità di dire la piena verità».
Incalzato anche dalle domande del pubblico Ezio Mauro ha parlato anche di una scarsa solidarietà del giornalismo italiano nel suo complesso, facendo notare come siano stati i quotidiani internazionali a sposare la campagna delle 10 domande, spinta e condivisione che in realtà non c’è stata in Italia. Questo ha determinato il collasso dell’inchiesta e quella “stanchezza” come l’ha definita Agostini, verso gli sviluppi della vicenda.
La discussione è poi proseguita con una panoramica sulla condizione generale della stampa italiana. Ezio Mauro ha ribadito che non manca la libertà, «e ci mancherebbe» ha aggiunto, piuttosto è la qualità e il ricorso ad un certo tipo di killer aggio personale fatto a mezzo stampa che denuncia in qualche misura una mancanza di qualità nel giornalismo.
In conclusione si è parlato anche del conflitto d’interesse. Le proprietà editoriali di Silvio Berlusconi e il contemporaneo controllo del servizio pubblico, sono oggi come 15 anni fa, il peccato originale e la fonte dell’anomalia italiana nel panorama dell’informazione. Qui si innesta il ruolo di Repubblica e del suo direttore, che rispettivamente non sono un partito e il leader reale di un’opposizione, «siamo un giornale fatto di carta e di inchiostro – precisa Mauro – il nostro compito è informare, far comprendere, e aiutare il cittadino ad essere più consapevole. In modo che una volta chiuso il giornale possa dire: è valso il prezzo del biglietto».
Chiara Scardazza