Giornalismo di precisione

Il Giornalismo di Precisione, il cui nome deriva dal libro “Precision Journalism” di Philip Meyer, è oggi una delle pratiche più potenti e interessanti per scoprire nuove notizie e raccontarle al pubblico.

Sfruttando gli strumenti della matematica, della statistica e delle scienze sociali questo tipo di giornalismo si fonda su una metodologia rigorosa, che prevede tre fasi principali: il reperimento dei dati; la loro analisi quantitativa o qualitativa; la pubblicazione delle conclusioni.

Durante il workshop “Giornalismo di Precisione” che si è tenuto giovedì scorso presso la Sala Lippi dell’UniCredit, sono state analizzate alcune recenti inchieste sia italiane che americane, mostrando i numerosi successi di queste tecniche giornalistiche: un reportage realizzato nel 2003 da Stephen Grey sul New York Times, ad esempio, verificò la presenza della CIA in alcune operazioni internazionali attraverso l’analisi dei voli aerei delle compagnie che collegavano le città coinvolte.

Matt Doing, giornalista del Sarasota Herald-Tribune, ha spiegato come la sua redazione sia riuscita attraverso l’analisi delle transazioni bancarie a scoprire – ancora prima della polizia – alcune compravendite irregolari di proprietà immobiliari che avevano fruttato oltre 90 milioni di dollari in meno di dieci anni. Ne sono seguiti arresti e denunce.

Gli altri interventi sono stati di Giorgio Meletti, collaboratore de Il Fatto Quotidiano, che ha spiegato l’evoluzione del giornalismo durante la sua carriera: «Quando ero ragazzo – ha detto – non c’erano i computer e tantomeno i cellulari: prima di poter parlare con una persona passavano giorni. Oggi c’è internet e Google, con cui si possono ottenere milioni di informazioni all’istante».

Il giornalista del Fatto ha quindi elogiato la tecnologia, che permette di accedere ai bilanci di tutte le società del mondo, facendo ricerche mirate su una o più parole. Tuttavia, questa grande risorsa ha dato luogo alla cosiddetta “utopia dei geografi”, ovvero quell’idea di realizzare una mappa geografica in scala 1:1 che nel giornalismo corrisponde alla possibilità di avere tutte le informazioni, ma non essere in grado di trovarle e usarle.

D’accordo anche Sofia Basso, giornalista della rivista Left-avvenimenti, che ha spiegato come usare programmi quali Access e Excel per elaborare una grande quantità di informazioni e scoprire le relazioni che intercorrono entro esse attraverso l’uso di query, ovvero domande mirate alla base di dati.

La sua presentazione si è concentrata in modo particolare sulle donazioni per la campagna elettorale di Obama durante il 2008, mostrando – ad esempio – come fosse possibile scoprire eventuali donazioni fatte a nome di cittadini morti, nonché a quanto ammontassero i finanziamenti delle fabbriche di armi.

Un’altra metodologia proposta dalla giornalista è il mapping, che permette traslare su una mappa geografica la distribuzione di un fenomeno analizzato. Un sito fondamentale per permettere questa pratica è www.batchgeo.com.

Giorgio Meletti si è infine occupato dell’analisi dei bilanci: un metodo che gli ha permesso di portare alla luce gli investimenti irregolari della famiglia Ligresti, che amministra la Fondiaria SAI. Dal bilancio è infatti risultato che Jonella Ligresti, nonostante guadagni 5 milioni di euro come presidente della società, ha acquistato un cavallo di 3 milioni di euro coi soldi dell’azienda.

Sei mesi fa, il giornalista ha anche pubblicato un libro che parla della SARAS di Sarroc, di cui è proprietario Moratti e in cui sono morti quattro operai negli ultimi anni. Il libro riprende numerose informazioni da Facebook, dove c’è un gruppo in cui vi sono le discussioni tra gli operai. «Il giorno prima dell’incidente del 2009 – ha raccontato Meletti – gli operai stavano discutendo e qualcuno ha detto: “Guardate che qui ci scappa il morto”».

Attualmente, la tendenza in Italia è quella a non fornire i dati: «Ciò dipende da una mentalità tipicamente italiana», ha sostenuto Meletti, che ha poi parlato dell’eccessivo valore dato nel nostro Paese alla privacy. «Molte volte – ha aggiunto – è più importante la trasparenza su determinate questioni».

Secondo il collaboratore del Fatto, il rischio più comune oggi è quello di vedere giornalisti che preferiscono «chiedere all’oste se il vino è buono, credendo che meglio di lui non lo sappia nessun altro».

Maggiori informazioni possono essere trovate nel sito internet www.giornalismodiprecisione.it.

Enrico Santus