“Giornalisti in esilio”: rischiare la vita per narrare la verità

Esiliati e senza lavoro. È questa la condizione di un gran numero di giornalisti nel mondo. In Italia, ufficialmente, sono undici, ma la cifra non comprende chi ha deciso volontariamente di nascondere la sua professione una volta fuoriuscito dal proprio Paese. Di questo si è parlato nel convegno Giornalisti in esilio, svoltosi oggi alle ore 15 all’Hotel Brufani. L’incontro, moderato dall’ex Ministro di Grazia e Giustizia Carlo Martelli, attualmente direttore della web tv  Lookout, dedicata alle relazioni tra italiani e stranieri, ha visto la partecipazione di cinque giornalisti stranieri, provenienti da Africa, Asia e America, rifugiatisi in Italia dopo aver rischiato la vita nella propria patria.
La loro colpa? Aver raccontato verità scomode in paesi sotto regimi dittatoriali o poco democratici. I cinque hanno raccontato le loro storie personali e hanno mostrato alla folta platea le difficoltà e la precarietà dei giornalisti esiliati, catapultati in realtà diverse senza la conoscenza della lingua del paese ospitante. Il problema linguistico è il primo grande ostacolo all’integrazione e al lavoro. Molti di loro, infatti, hanno dovuto cambiare mestiere una volta giunti in Italia.
Come Felix Qaeser, corrispondente dal Pakistan per Asia News, fuggito dopo aver raccontato le condizioni delle minoranze religiose nel suo Paese. In Italia ha fatto, nell’ordine, il facchino, l’assistente familiare e l’aiuto sacrestano. Eppure la loro esperienza potrebbe essere preziosa per i media locali. Per Reza Ganji, fotografo iraniano rifugiatosi in Italia dopo le presidenziali truccate del 2009 e dopo l’arresto di centinaia di colleghi, i giornalisti esiliati sono “medici sul campo di battaglia, grandi esperti di scenari locali che potrebbero essere assunti dai media occidentali per le loro conoscenze”.
Chi invece ha trovato un lavoro è Robert Philomé, haitiano, attualmente conduttore a France 24. Ha scritto un libro, Exil au crépuscule, in cui racconta la sua storia: “Un lunedì mattina ho lasciato casa per andare a Radio Vision, la mia radio, e ancora non sono tornato”. Aver scoperto un finto golpe e averlo narrato alla nazione è il motivo del suo esilio.
Zakaria Mohamed Ali, fotoreporter somalo, ha trascorso un intero anno in giro per l’Africa, evitando le persecuzioni contro i giornalisti nel suo Paese che hanno portato 40 reporter alla morte negli ultimi 10 anni. Insieme a Martelli ha mostrato la grossa confusione presente nei media e nella popolazione italiana, tendenti a confondere etnie e status diversi, come quelli di immigrato e rifugiato politico.
L’ultima storia è stata quella di Jean Claude Mbede, camerunense, creatore del Coordinamento Rifugiati Italia. Conduttore nello Stato africano del TG nella televisione pubblica, ha condotto un’inchiesta sull’arricchimento illecito e su abusi sessuali compiuti da ministri. Grazie al suo lavoro un numero molto alto di politici, tra cui l’ex presidente, sono stati arrestati, anche dopo la sua fuga in Italia, avvenuta cinque anni fa.

Sebastian Donzella