Si è tenuto oggi mercoledì 25 aprile presso il Teatro del Pavone di Perugia il panel “Ricordando Falcone e Borsellino”, per non dimenticare le vite di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e degli otto agenti di Polizia che nel ’92, anno delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, sono stati uccisi da una mafia spietatissima che in quegli anni faceva a "braccio di ferro" con lo Stato.
Alla discussione hanno partecipato Lirio Abbate de l’Espresso; Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia; Francesco La Licata de La Stampa e Antonio Manganelli, Capo della Polizia.
Ha aperto il dibattito, iniziato dopo la proiezione di un filmato sulle stragi, La Licata, che ha raccontato le personalità di Falcone e Borsellino. “Noi viviamo oggi dell’eredità di quegli anni”, ha dichiarato subito dopo Manganelli, ribadendo lo stesso pensiero di La Licata, proprio per indicare la metamorfosi degli strumenti di lotta alle mafie ma allo stesso tempo la stabilità della forma mentis lasciata dai magistrati che hanno sfidato Cosa Nostra. “Il mafioso non ha nulla di più importante, né moglie, né figli, di questa mega struttura che gli appartiene: Cosa Nostra”, ha commentato ancora il capo della Polizia. Un racconto vis à vis incentrato anche sull’importanza dei pentiti di mafia: in particolar modo si è sottolineata l'importanza della collaborazione di Tommaso Buscetta, noto superboss degli anni d’oro delle cosche siciliane. “Grazie a Giovanni Falcone e ai suoi fedelissimi, gli atti legiferati negli anni ’91 e ’92 rappresentano un monumento giuridico che ci invidia tutto il mondo”, ha chiuso nel finale il procuratore nazionale antimafia.
Luca De Cristofaro