Il futuro dell’informazione: moderazione & partecipazione

“Il futuro dell’informazione è qualcosa che appartiene a tutti, in cui i lettori chiedono sempre più spazio e modi di partecipazione. I lettori hanno “a portata di mouse” , per quanto riguarda internet, il destino di ogni articolo dei nostri giornalisti. Ma non si fermano qui. Reclamano più spazio e partecipazione. Ma cercare di controllarli può essere non sempre facile”.

Anche in questa edizione del Festival Internazionale del Giornalismo Justin Peter, direttore del Columbia Journalism Review, ha dato il via a una serie di panel sul futuro dell’informazione. Idee e cronache di un giornalismo che già dalle prime battute sembra lontana anni luce dal giornalismo italiano ma che non possono far altro che affascinare il pubblico. Presenti al panel discussion Mark Johnson di The Economist, Charlie Beckett, direttore di POLIS - progetto di giornalismo partecipativo mondiale della London School of Economics - e Lucy Chambers della Open Knowledge Foundation.

Justin Peters spiega subito dove i giornali sbagliano nei loro rapporti con il pubblico, illustrando i punti di forza. Mentre secondo Charlie Beckett l’avvento di internet e del web 2.0 ha allargato l’orizzonte della realtà. Si è passati da un momento storico in cui se una persona si trovava in disaccordo con un articolo di giornale o un servizio televisivo poteva solo lamentarsi dentro casa mentre adesso internet gli permette di entrare in relazione con tantissime altre persone e condividere, arricchire e modificare il suo pensiero con tutti gli altri fruitori di quell’articolo. La realtà online rimane comunque molto diversa e variegata: ogni giornale decide di avere un ruolo e una modalità diversa nel rapporto tra giornalista e lettore. “Sta alla volontà del giornale decidere quale tipo di conversazione vogliono avere con il pubblico. Il Guardian ad esempio ha dei lettori piuttosto aggressivi e arrabbiati, che spesso scrivono dei commenti profondamente pesanti. Dalla moderazione dei commenti è emerso che non ci sono regole né leggi e si passa da un eccesso di libertà, come il Guardian a un eccesso di controllo, come i quotidiani svedesi che dopo le parole di Breivik, infastiditi da commentatori che esprimevano commenti simili pensieri, hanno optato per una maggiore censura. La tipologia della collaborazione dei lettori al giornale è sicuramente un valore straordinario di questa epoca in cui i giornalisti devono comunque combattere per mantenere il loro posto di superiorità sull’informazione”.

Per Mark Johnson, , moderatore della comunità online sul sito del giornale The Economist e sui social network, il management, il marketing e, in un certo senso, l'evangelizzazione, sono dei valori importanti per i giornalisti che si apprestano a moderare e a leggere dei commenti sui propri articoli. “Più che evangelizzazione utilizzerei il termine convinzione: di questo hanno bisogno i giornalisti per far in modo che i propri articoli risulti più interessanti ai lettori”. Johnson spiega come il livello di dibattito viene mantenuto da piccole cose e che le comunità di nicchia non sempre sono le migliori, poiché rischiano di essere ripetitive. Avere invece un ampio bacino di utenza anche se poco attivo a livello di commenti risulta essere più dinamico e interessante a livello di contenuti. Ma tutto ciò deve essere fatto ai più bassi costi possibili. A ciò risponde Beckett, che descrive le attività del Guardian con i suoi lettori, avendo aperto le porte dei propri uffici a seminari e vari laboratori, accogliendo la voce dei tanti lettori che chiedevano “Fateci partecipare di più al giornale!”.

Peters conclude dicendo che la moderazione dei commenti rispecchia non la qualità, ma il valore del lavoro del giornale stesso. Si riescono infatti ad avere importanti feedback sia positivi che negativi. Il dubbio adesso sta nel trovare un modo giusto, allentante ed equo per accontentare un pubblico a cui questa figura sta ormai davvero molto stretta. "Una realtà molto diversa dal giornalismo Italiano”.

Daniele Palumbo