Verso il 2030: trasparenza, responsabilità e dialogo

Tra i tanti compiti che il giornalismo deve assolvere si è aggiunto anche quello di raccontare quali strade siano percorribili oggi che il modello di sviluppo è entrato in crisi. Un argomento caldo quello del panel Verso il 2030: trasparenza, responsabilità e dialogo, visti gli allarmanti dati del report del governo inglese che fissa nel 2030 l’anno in cui la popolazione mondiale sfiorerà i 9 miliardi, la richiesta di cibo aumenterà del 40% e quella di energia del 50%.

A discuterne, durante la terza giornata del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, sono stati chiamati Sarah Varetto, direttore di Sky Tg24, Mauro Tedeschini, ex direttore de La Nazione, Sergio Rizzo, redattore de Il Corriere della Sera, e Maurizio Comin, direttore relazioni esterne dell’Enel, nonché autore, insieme a Donato Speroni, del volume 2030. La tempesta perfetta, che tratta proprio dell’argomento. A fare da cornice all’evento moderato da Giuliano Giubilei, vicedirettore del Tg3, è stata la sala Raffaello dell’Hotel Brufani.

I cambiamenti rapidi dei nostri giorni, uniti al deficit di decisionismo dei governi rischiano di essere un mix letale, secondo l’opinione di Comin, in vista dell’indicativa data del 2030. Proprio in quest’ottica diventa quindi fondamentale l’azione delle aziende e la spinta dell’opinione pubblica tramite i social media.

Analisi condivisa da Sarah Varetto, soprattutto sulla lentezza e l’inefficacia delle azioni di governance globale. Il direttore di Sky Tg24, oltre all’importanza dei social network ha rimarcato l’importanza dei media tradizionali nella comunicazione di sconvolgimenti di così ampia portata anche verso quelle fasce di età che dai social sono escluse.

“Un aspetto importante della questione – ha chiosato Tedeschini – è che La tempesta perfetta è un libro che non è stato scritto da giornalisti. Insieme alla politica, anche noi dobbiamo guardare oltre e iniziare a dare anche delle risposte”. Sulla stessa lunghezza d’onda Stella. L’autore de La casta fa autocritica: “Noi giornalisti indichiamo poche vie d’uscita a questa situazione perché in realtà non ci abbiamo capito molto nemmeno noi. Giornalisti ed editori hanno l’importante responsabilità di rendere consci i cittadini di uno scenario in cui la classe politica non riesce più a controllare un’agenda che è invece dettata dai fondi d’investimento internazionali, capaci persino di scommettere sul fallimento degli Stati”.

Ritornando sulla questione, Comin ha fatto notare al pubblico presente come all’assenza della politica stia facendo da supplente l’azione delle imprese, in grado di indicare in maniera più lungimirante e più veloce quali sono le strade percorribili anche in materie come la green growth, mentre i governi europei sono ostaggio di una debolezza derivante da una legittimazione che svanisce velocemente dopo le elezioni. “Vuol dire che siamo più potenti come consumatori che come elettori – ha incalzato Varetto – e di conseguenza per essere incisivi occorre cambiare radicalmente il proprio stile di vita”.

I localismi emergenti sono stati poi il trait d’union dei conclusivi interventi di Stella e Tedeschini, che hanno messo in luce quanto la scollatura tra Paese rappresentato e Paese reale abbia prodotto delle comunità attive sul territorio, tramite organizzazioni e liste civiche. In questo contesto diventa quindi cruciale il ruolo del giornalismo locale, che deve quindi assolvere al compito di raccordare nei propri articoli questioni territoriali agli scenari più ampi.

Silvestro Bonaventura