Italia: e il Freedom of Information Act dov’è?

Centro Servizi G. Alessi, ore 9.30

Il diritto di ogni cittadino ad accedere all’informazione e le difficoltà di far valere e veder compiuto questo diritto. Le domande di accesso agli atti di pubblico dominio, le reticenze ed il silenzio della Pubblica Amministrazione.
Questi i punti salienti, essenziali nella vita di ciascuno di noi, dell’incontro che si è tenuto questa mattina al Centro Alessi di Perugia.
La discussione ha avuto inizio con la presentazione dei risultati del primo rapporto sull’accesso all’informazione in Italia pubblicato da Diritto di Sapere e Access-Info Europe. L’intervento di Guido Romeo, dell’Associazione Diritto di Sapere, associazione fondata a Milano nel 2012 con lo scopo di promuovere la riforma e l’espansione del diritto di accesso all’informazione in Italia e nel mondo, ha permesso di conoscere i risultati della ricerca portata avanti dall’Associazione a partire dalla fine del 2012 e resa possibile grazie al sostegno della Open Society Foundations.
Gli esiti del monitoraggio, disponibili su www.dirittodisapere.it,  non sono confortanti: le domande di accesso agli atti da parte dei cittadini ricevono nel 73% dei casi, vale a dire tre volte su quattro, una risposta insoddisfacente. Richieste di informazioni su spesa pubblica, sanità, ambiente, giustizia, diritti umani: questioni fondamentali della vita dei cittadini che nel 65% dei casi restano inascoltate, non essendo neanche fornita una risposta. E anche nei casi in cui viene fornita una risposta, questa arriva al di là dei tempi stabiliti dalla legge, vale a dire 30 giorni.
Inoltre, spesso le domande di accesso agli atti richiedono una documentazione aggiuntiva e una giustificazione di interesse. E essere giornalisti non aiuta: nonostante si eserciti un mestiere legato all’interesse pubblico, nella maggior parte dei casi ci si scontra comunque con una chiusura totale da parte dello Stato.
Lo scopo del progetto di Diritto di Sapere è comparare la situazione dell’Italia con quella di altri Paesi in cui è in vigore il Foia (Freedom of Information Act) e parallelamente portare avanti una campagna, il cui inizio è previsto per il prossimo mese di giugno, per l’istituzione del Foia anche in Italia. Il Foia, diritto di accesso totale all’informazione, è infatti di vitale importanza, essendo “una delle pietre angolari delle politiche di open government e trasparenza amministrativa”.
Obiettivi congiunti dell’azione di Diritto di Sapere, dunque, la riforma della legge 241/90, che a oggi regola l’accesso agli atti, la trasparenza come priorità e la formazione nella Pubblica Amministrazione.
L’intervento di Victoria Anderica, dell’Associazione Access for Europe, il cui obiettivo è la promozione del diritto di accesso in Europa, ha fornito l’opportunità di realizzare un confronto con il panorama internazionale. Anche in Spagna non esiste al momento una legge specifica, tanto che la situazione è molto simile a quella italiana, mentre la Svezia si distingue come Paese virtuoso. L’Unione Europea risulta essere piuttosto efficiente. Esiste un software aperto, Alavateli (ask the Eu.org), in cui è possibile inviare richieste pubbliche tramite semplice e-mail.
L’intervento ha consentito anche di rafforzare la consapevolezza sulla legittimità delle azioni intraprese da Diritto di Sapere e Access for Europe. Il diritto all’informazione, diritto fondamentale per il dibattito pubblico e per la difesa di altri fondamentali diritti che da questo derivano, è stato infatti sancito nel 2009 dalla Corte Europea e nel 2006 dalla Corte Interamericana di Diritti Umani.
Infine, l’intervento di Lorenzo Tataro, dell’Agenzia Bloomberg News, ha contribuito a fornire un quadro completo della situazione portando all’attenzione la sua esperienza personale di giornalista. Interessato a conoscere la situazione dei derivati finanziari del Comune di Cassino, il giornalista si è scontrato con le difficoltà di accessi agli atti. Forte di una sentenza definitiva del Tar, fondata sulla legge 241 del 1990, Tataro è riuscito nel suo obiettivo grazie ad un provvedimento giudiziario.
Nell’attuale situazione di normative mancanti, la conclusione di Tataro è stata che “per fare il mestiere di giornalista il Foia dev’essere anche ritrovato dentro sé stessi”.  Come dire, agiamo per migliorare le normative, ma allo stesso tempo non dimentichiamo gli strumenti legislativi già a nostra disposizione per veder rispettato e rendendo attuabile e  concreto il nostro diritto all’accesso all’informazione.

Simona Trudu