Il fututo: la data-driven economy

Sala Lippi, ore 17.30

L’economia come la conosciamo sta cambiando in modo radicale sotto la sempre maggiore influenza dei dati. E’ questa la premessa con la quale ieri, giovedì’ 26 aprile, il panel riunito nella Sala Lippi del Festival ha debuttato. La domanda a cui rispondere e’ invece come monetizzare quest’immensa mole digitale. Google, per esempio, e’ una società americana che paga le tasse a Washington ma fa soldi con i dati degli italiani. E’ giusto questo? Come si fa a cambiare? E ancora: Ma quanto vale un dato? E sopratutto – continua Masiero – di chi e’ un dato? E’ del comune? Della Provincia? Del ministero dell’interno?”
“E’ un problema, un grande problema  - e’ intervenuto subito Roberto Masiero, presidente della Innovation Knowledge fundation -  perché i dati non sono né un servizio né un bene e non è ancora possibile quantificarli con precisione”. Eppure, sopratutto negli ultimi anni e forte di un trend che con ogni probabilità continuerà ad essere in salita, i dati e la data-driven economy e’ tra le principali fonti di crescita economica delle economie dell’occidente. Soltanto negli Stati Uniti, secondo i calcoli dell’economista americano Michael Mandel, i dati hanno contribuito alla crescita economica del pil americano per un valore compreso tra il 20 e il 25 per cento del totale.
Intanto pero’ a Roma le cose si muovono. In rappresentanza del Ministero della Coesione Territoriale sul panel era seduto Pierdavid Pizzocchero che ha lanciato il nuovo progetto di Opendate promosso dal Ministro Fabrizio Barca. Con un click Open Coesione mostra gli investimenti e i finanziamenti del Ministero di tutte le regioni, le provice, i comuni d’italia. “Trasparenza in diretta – scherza soddisfatto Pizzocchero – da oggi un giornalista deve soltanto aprire il sito la mattina e vedere cosa succede nel suo comune per monitorare la situazione”. Non e’ ancora monetizzazione  dei dati, ma un passo importante.

Alberto Mucci