Formazione obbligatoria? Sì, grazie

Sala Raffaello, ore 11.30

Dal primo gennaio 2014 per tutti gli iscritti all’albo dei giornalisti scatta l’obbligo della formazione continua. La previsione è contenuta nella riforma delle professioni varata dal governo Monti (art.7  DPR 137/2012). Ma chi sosterrà i costi di corsi e seminari? A che serve studiare e tenersi aggiornati se, per molti giovani free-lance e precari, non ci sarà mai un posto fisso nelle redazioni? Se n’è parlato al festival di giornalismo, in un colloquio tra Ordine e Fnsi, con il contributo dei direttori di alcune testate (Rai, Mediaset e Sole24ore) alle prese con la nuova sfida posta dalla legge.
Soddisfazione per la riforma è stata espressa dall’Ordine dei giornalisti. «L’obbligo della formazione continua è una svolta epocale, che apprezziamo e attendevamo da tempo – esordisce Giancarlo Ghirra, segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine -. L’aggiornamento è uno strumento d’integrazione importante per chi tenta di accedere alla professione (oggi solo 20mila giornalisti hanno un contratto) e per tornare ai valori del buon giornalismo. L’Ordine è aperto al nuovo, la conservazione va sconfitta: perciò abbiamo stanziato 1,4 milioni di euro per realizzare iniziative di formazione. Per legge ogni iscritto sarà tenuto ad accumulare 60 crediti l’anno, partecipando a seminari e corsi. Un quarto dei workshop, quelli dedicati alla deontologia, saranno gratuiti. Tuttavia chiediamo anche gli editori d’investire in formazione, sostenendo parte dei costi».


L’invito è accolto con entusiasmo da Paolo Liguori, direttore new media Mediaset, convinto che si possano formare i giornalisti soprattutto all’interno delle aziende. «Mediaset, in pochi lo sanno, si occupa da tempo di formazione con il contributo dell’Fnsi. Abbiamo iniziato a Studio Aperto, con 5200 ore di lezione nel 2000, quando la crisi ancora non era iniziata e la tv commerciale viveva la sua stagione d’oro. Abbiamo proseguito nel 2010, con corsi di una settimana cui hanno partecipato 220 giornalisti, senza mai abbandonare la produzione. 26mila ore di formazione tra Roma, Milano e Cologno Monzese. Risultato? Sono cresciute la produttività e l’occupazione all’interno dell’azienda. Se nel 2010 realizzavamo 1800 ore di news l’anno, ora siamo arrivati a 9mila. Abbiamo investito 8 milioni di euro oltre ai fondi Ue e ora stiamo cercando nuovi fondi per il futuro».
S’è dichiarato favorevole agli investimenti in corsi e seminari anche Roberto Napoletano, direttore del Sole24ore: «La legge sulla formazione continua è un’opportunità decisiva per mettersi in discussione e crescere. È giusto che in mancanza di risorse gli editori si facciano carico dei costi, si può e si deve investire. Anche per creare nuovi redattori: il consiglio che do a chi tenta di entrare nei giornali è di specializzarsi in un settore, darsi una propria riconoscibilità professionale ed essere attenti al web. Il miglior modo per fare giornalismo di alto livello è concentrarsi sulla verifica, più che sul flusso costante delle news, com’è nello stile del Sole24 ore».


Anche la televisione di Stato crede nel rinnovamento, come ‘ponte’ per il futuro. «Sono convinto che le aziende che non investono e non puntano sull’innovazione muoiono. La formazione è un investimento importante – chiarisce Luigi Gubitosi, direttore generale Rai -. La nostra azienda negli ultimi anni, eccetto la scuola di giornalismo di Perugia, non ha puntato molto sulla formazione. Non si assumono giovani da anni, ma di recente sono stati stabilizzati molti precari. La Rai anagraficamente è anziana: i due terzi dei giornalisti sono over 50. Ma nei prossimi tre anni miriamo a investire in risorse umane e aumentare la mobilità inter-aziendale, sia tra le varie testate che da un mezzo all’altro.
Concorda sull’importanza della formazione anche il sindacato, che tuttavia s’interroga sulla sua utilità nell’attuale scenario del mondo del lavoro giornalistico e sul nodo finanziamenti. «Chi pagherà i corsi – chiede Franco Siddi, segretario generale Fnsi - e perché farli se molti giovani free-lance non riusciranno mai a ottenere un posto fisso? L’occupazione stabile è ancora destinata a calare del 30% nei prossimi anni. L’Ordine dovrebbe farsi carico dei costi della formazione per i giovani precari, anche in virtù della tassa annuale che fa pagare ai propri iscritti. Ma basterebbero 30 milioni in 3-4 anni per far ripartire l’intero settore. L’aggiornamento è una risorsa fondamentale, indispensabile a creare nuove opportunità professionali. Tuttavia è di competenza dell’Ordine, non del sindacato. È importante riaffermare la differenza di ruoli: mentre l’Fnsi si occupa di contratti e occupazione, l’Ordine dovrebbe preoccuparsi di giornalismo etico e responsabilità».

Erika Tomasicchio