COSA CONTA (NELLA TV CONTEMPORANEA)

Perugia, 30 aprile 2014

Si è svolto stamattina, nella sala del Dottorato, incorniciata dallo splendido chiostro del Duomo di Perugia, il panel Cosa conta (nella tv contemporanea), curato dalla Fondazione Rosselli.
Federico Ferrazza, direttore di Wired Italia, ha spiegato come la tv stia cambiando grazie alle nuove tecnologie, al digitale, e il punto di vista dell’incontro è stato quello di cercare di capire come stanno cambiando i ruoli della filiera produttiva, degli investitori e del pubblico. I social media permettono di interagire con la televisione; ma come viene misurato il successo di un programma? “Ad oggi c’è ancora l’auditel, che monitora solo poche famiglie, ma non basta”.
Francesca Traclò, direttrice della Fondazione, ha voluto spiegare il senso della ricerca presentata; il quadro è estremamente complesso, le dinamiche attuali incrociano settori molto diversi tra loro e, di conseguenza, vanno modificate anche le logiche di business perché, di fatto, tutto questo sta modificando la produzione dei contenuti e andrà ad impattare sulle aziende e sugli investimenti tradizionali. A rappresentare il punto di vista dello spender, dell’investitore, c’è la dottoressa Laura Giovannini, responsabile della pubblicità per ENEL Group: “Noi non ci siamo sottratti all’investimento televisivo. Stiamo sperimentando la nuova frontiera del branded entertainment: questo significa andare incontro al desiderio del consumatore di sapere tutto sul brand che ha scelto. L’utente si è trasformato da preda a cacciatore.” L’esperienza di brand content di Enel con X Factor è stata importante: la dottoressa Giovannini ha mostrato un video contenente le diverse applicazioni del marchio all’interno della trasmissione di Sky, i risultati ottenuti sono stati positivi, X Factor è stato un partner vincente perché ENEL ha ottenuto un’ottima visibilità e la partnership ha avuto un alto tasso di gradimento. La ricercatrice e giornalista Monica Sardelli ha illustrato la ricerca spiegando come l’aumento degli schermi, intesi come device connessi, abbia permesso agli utenti di superare la rigidità della programmazione lineare;  X Factor (Sky) e Gazebo (Rai 3), ad esempio, hanno fatto dei social il loro cavallo di battaglia; il primo ha utilizzato Twitter, Facebook, Instagram, Pinterest e addirittura un app per non far “allontanare” lo spettatore durante la pubblicità, il secondo soprattutto Twitter. In rete si sono moltiplicati i modelli economici di servizi, da quelli gratuiti come Youtube a quelli a pagamento come Amazon o Sky, passando per i cosiddetti freemium (canali a pagamento di Youtube). Ma cos’è importante per gli stakeholders? Essere preparati alle critiche della rete, vivere i social come piattaforma di marketing, analizzare i target di riferimento, gli elementi di multiscreen (come la partnership tra Vodafone e Shazam); tuttavia non è rilevante solo usare i new media, ma anche innovare i mezzi tradizionali è fondamentale.
Il termine televisione, risalente agli anni ’40, rispecchia l’uso e il senso tradizionale del mezzo di comunicazione, che però oggi non è più solo “visione” ma anche interattività, spiega Federico Tarquini, Università della Tuscia. Oggi le audience effettive possono, in qualche misura, manifestarsi, e ciò che si cerca di capire è il comportamento di chi guarda: nella misurazione degli ascolti sembra essere importante la rilevazione dell’esperienza dei pubblici televisivi, dove per esperienza si intende la somma dei comportamenti osservabili, ad esempio attraverso i monitoraggi dei commenti sui social network. “Si sta cominciando a capire che i media non uccidono niente, anzi”, dice Alberto Marinelli, dell’Università La Sapienza di Roma, “ne è un esempio il caso Enel – X Factor. Il testo televisivo con cui interagiamo oggi implica qualcosa di più, ad esempio il voto o l’applauso, e lo smartphone è un mezzo che coinvolge anche la fascia d’età 50-60, non solo, come si pensa, quella 25-35.” E il giornalismo? “Anche noi abbiamo il dovere di saperci muovere su più piattaforme”, aggiunge Ferrazza, “con Wired abbiamo una gestione su Facebook e Twitter che ci aiuta a capire quali contenuti condividere in una certa fascia oraria o quale tipo di utenti abbiamo. Il ruolo del giornalismo è quello delle altre aziende, andare a cacciare il pubblico, senza aspettare che vengano loro da noi”.

Federica Scutari