Giovedì 1 Maggio 18.30 - 19.30 Sala del Dottorato Perugia
È stato presentato oggi pomeriggio il libro: “Verification Handbook A definitive guide to verifying digital content for emergency coverage”, edito da Craig Silvermann, realizzato dallo stesso e da altri professionisti, tra i quali alcuni presenti in sala.
Sono intervenuti Rina Tsubaki del European Journalism Centre, Craig Silverman, direttore dei Contenuti Spundge, Steve Buttry, editor Digital First Media, Claire Wardle ricercatrice al Tow Centre for Digital Journalism, Caroline Bannock, di Guardian Witness e Mathew Ingram di Gigaom.
Rina Tsubaki ha fatto da coordinatrice introducendo l’iniziativa partita un anno e mezzo fa.
Durante l’incontro è strato fatto il punto sull’importanza della verifica della notizia, un aspetto del giornalismo del quale si conosce l’imprescindibilità, ma sul quale non sempre ci si sofferma con la dovuta attenzione. Nell’era digitale del web le opportunità di informazione sono vastissime, ma grande è anche il rischio di trovare la «cattiva notizia».
Questo è un manuale che arriva finalmente a stilare una serie di linee guida da adottare per poter utilizzare i contenuti generati dagli utenti (User-Generated Content o UGC) nelle situazioni di emergenza per catastrofe naturale o antropica.
Il libro non è rivolto solo al mondo del giornalismo, ma anche a chi si occupa in senso lato di eventi catastrofici, come le associazioni umanitarie. Ciascuna categoria può migliorare il proprio approccio alla notizia, grazie alla collaborazione.
Secondo Claire Wardle, in generale le prime domande che dobbiamo porci di fronte ai dati sono: «E vero?» e «Come si sanno queste cose?». Craig Silverman afferma come il punto di partenza dev’essere il considerare come falso quello che si legge, solo così si può arrivare alla verità. È importante risalire alla provenienza delle informazioni, capire chi è l’uploader, dare un contesto in termini di tempo e di spazio precisi.
Craig Silverman e Mathew Ingram hanno posto l’attenzione su le categorie più pericolose: sono redazioni che intenzionalmente vogliono diffondere notizie che attirino il lettore indipendentemente dal loro rispecchiare la realtà oppure no, ma ugualmente pericolose sono le persone «dalle buone intenzioni, mosse dalla fretta».
In questo panorama, il crowding nel network diventa allora una risorsa fondamentale, ma il suo valore di “rete” va gestito in modo etico e deontologico. La soluzione, come fa notare Claire Wardle, sarebbe quindi alla fine : «abbinare la tecnologia al giornalismo vecchio stampo», il solito compresso tra il vecchio e il nuovo.
Rossana Andreato
@RossanaAndreato