Ore 11.00 – Centro Servizi G. Alessi
Alessandro Cappai, web editor del Dmedia Group, introduce questo ONA sul giornalismo dei dati in ambienti politici ostili. Attraverso l’esperienza di Giannina Segnini e Angelica PeraltaRamos si parla di quali possano essere gli ostacoli e quanto un’esperienza da piccola possa diventare significativa indagando storie attraverso i numeri. Giannina Segnini, giornalista e formatrice, afferma di non aver mai fatto giornalismo in un ambiente ostile, ma di fare inchieste da ormai più di vent’anni. La Segnini parte da una riflessione su come funzionano oggi i media: la fauna che popola la maggior parte delle redazioni è fatta di persone che vivono insieme ma non lavorano assieme. Il giornalista tradizionale quindi sviluppa l’esigenza rispetto alle nuove tendenze di imparare tutti i linguaggi, ma non ne ha il tempo. La soluzione quindi non sta nel fare tutto da soli, ma di avvalersi di alleanze con altre figure, come i programmatori. Imparare a parlare il “geekkese”. In questo modo ognuno assimila qualcosa: i programmatori il senso della passione per il mestiere giornalistico, i giornalisti la disciplina. La giornalista riporta diverse storie, in cui l’utilizzo dei dati è stato fondamentale per arrivare a scoprire informazioni utili per i cittadini. Nell’ambito delle elezioni locali in Argentina, un lavoro di classificazione delle informazioni è stato fatto sui candidati, sulle loro storie giudiziarie e finanziarie pregresse, tutte informazioni che già erano pubbliche. Ci si aspettava che abbinando tutte queste informazioni, i candidati non avrebbero dovuto comparire in nessun elenco. Invece il risultato ha visto ventisette di loro avere dei precedenti che avrebbero dovuto escluderli da qualsiasi incarico pubblico. Altre inchieste hanno riguardato i campi dell’istruzione e della sanità, o il riciclaggio, che a partire dal censimento della popolazione locale, ha portato alla creazione di una banca dati del paese, delle amministrazioni locali e dell’elenco delle strutture di cui si disponeva per la raccolta rifiuti. Il risultato alla fine ha rivelato che i camion addetti mescolavano di nuovo tutto.
Il Data Journalism è una risposta al presente. La rete è piena di dati, ma c’è troppa confusione. È necessario cambiare la forma mentis, che attualmente si concentra sulla sfida tra il real time dell’informazione e il suo valore. La tendenza è un’aggregazione del contenuto ad un ritmo impressionante, ma senza aggiungere nessun valore. Il data journalism invece lo fa, con informazioni che possono cambiare la vita dei cittadini. Il data journalism infatti non è solo numeri.
Peralta Ramos de La Nacion parla invece del data journalism in un ambiente politico ostile, e precisamente l’Argentina in cui l’indice di percezione della corruzione la vede al 106esimo posto su 177. La Nacion ha in media una tiratura di 330mila copie cartacee, e anche una versione web dal 1995. I dati sono la nuova materia prima del giornalismo e rispondono alla domanda di informazioni pubbliche. Perché non sfidare lo status quo attuale che vede gli scettici restii all’apertura al giornalismo di dati? L’obiettivo è convertirli per trasformarsi in “ninja dei dati”. La PeraltaRamos elenca i consigli da seguire per non smettere mai di imparare: studiare e stare al passo coi tempi dell’evoluzione tecnologica, ma anche con i consumatori. Abbracciare l’ “hackactivism”, per raccogliere informazioni. Iniziare a creare dei Datasets e imparare a costruirli, immergendosi in una vera e propria “datatherapy”. Fare affidamento sul proprio team e circondarsi di persone che amano apprendere: “Team is your engine. First heart, then brains”. Creare un team in cui la fusione tra il developer ingegnere dell’informatica e il giornalista, dia poi vita al team perfetto.
Ma perché siamo ossessionati dall’apertura dei dati? Perché vogliamo che siano una cosa viva, e che le informazioni siano disponibili a tutti.
Federica Signoriello