La battaglia per la libertà: testimonianze a confronto

Venerdì 17 aprile ore 10 presso Sala del Dottorato

Ancora un panel dedicato alla libertà di stampa. Questa volta il tema viene raccontato attraverso le storie di quattro giornalisti. A moderare l'evento é Giovanna Pancheri di Sky Tg24.
Proiettato un videomessaggio inviato dal direttore di Charlie Hebdo, il quale ha affermato che la blasfemia é una contestazione all'autorità, non in piacere fino a se stesso.
Farida Nekzad, co-founder Wakht News Agency, ha sottolineato l'importanza del rispetto di ogni religione. La libertà di espressione non può essere limitata uccidendo le persone ma bisogna fare attenzione ai temi e a come vengono trattati, ha affermato. In Afganistan, secondo la giornalista, il governo si é schierato contro libertà di espressione. Se sotto il regime talebano non esisteva la stampa, dopo la sua caduta sono nate le agenzia di stampa indipendenti e i movimenti giornalistici. Esiste ancora la censura nonostante l'ottima legge sui media, ma poca sicurezza per i giornalisti. L'intervento delle organizzazioni per migliorare la qualità dell'informazione é stato determinante. Una riflessione sulle giornaliste che non possono vantare dello stesso rispetto riservati ai colleghi maschi.
Anabel Hernandez ha detto che la libertà di espressione é una responsabilità e che i giornalisti devono praticare la tolleranza. In Messico oltre 100mila persone sono state uccise negli ultimi anni, giornalisti inclusi. 25mila persone scomparse. 100 giornalisti torturati e poi ammazzati in modo atroce. Lei, da giornalista investigativa, si è occupata dei cartelli della droga e ha denunciato la loro correlazione con il potere statale. Nel suo ultimo libro il racconto delle minacce dal segretario per la sicurezza pubblica del governo federale e della polizia messicani. Le sue fonti sono state uccise, la sua famiglia aggredita. Ora è sotto scorta. Il giornalismo per lei significa dimostrare alla società dove sta il pericolo. La battaglia non è per la difesa dei giornalisti, ma per il diritto delle persone di conoscere la verità, di fare scelte avendo una giusta informazione.
Ali Abdulemam, founder Bahrain Online, ha costruito il blog nel 1999. Più volte il potere ha cercato di censurarlo. Nel regno del Bahrain numerosi giornalisti sono stati mandati in esilio o carcere. Nella maggioranza licenziati. Ali racconta del suo arresto e del rilascio grazie alle pressione della comunità internazionale. Oggi è ancora una dittatura assoluta.
Khalid Albaih, vignettista, ha detto che le vignette non dovrebbero essere offensive nei confronti degli essere umani. Non è d'accordo sul modo utilizzato dalla rivista francese: lo ha definito un modo infantile per parlare di una cosa molto seria come la religione. Le vignette, secondo lui, non sono un modo per scherzare ma per inviare un messaggio.

Alessandro Bottone