Innovazione e salute, è stato il binomio al centro del panel tenutosi in Sala del dottorato. Come utilizzare lo sviluppo tecnologico all’interno delle aziende ospedaliere e asl per migliorare la vita del singolo cittadino, è stata la domanda centrale attorno a cui si è sviluppato il dibattito. Varie sono state le proposte presentate, tutte coordinate da Luca De Biase, firma de Il Sole 24 ore.
Lo sforzo ultimo della Regione Umbria è stato quello di creare una rete tra cittadini e aziende ospedaliere e pensare a un modo intelligente per comunicare la salute. Ciò in termini concreti si traduce nel costruire una rete telematica tra utenti e ospedali, che consiste in referti ospedalieri elettronici, prenotazioni di visite online, geolocalizzazione di servizi per migranti. Tuttavia, come fa notare Giuseppina Manuali della Regione Umbria, rimane un gap digitale importante.
A pari passo con la regione, anche l’Università di Urbino si sta muovendo in questo senso. Lella mazzoli, professoressa dell’Università di Urbino, ha condotto una ricerca, il cui perno è la figura del cittadino connesso. L’idea suggerita è quella di una tessera che contiene i dati della salute di ogni singola persona. Si pone, però, il problema della privacy, che è subito superato se ciò viene letto in termini vantaggiosi. La ricerca, fatta su 146 aziende sanitarie, mostra d’altra parte un’Italia che soffre di un divario, che è sia tecnologico, culturale che amministrativo.
Si pone però un altro problema, ovvero una linea sempre più sottile tra medicina professionale e medicina fai da te. Si rende, quindi, necessaria una regolamentazione tra le app, relative alla salute, disponibili per far sì che il digital device non sostituisca le diagnosi della figura del medico professionale. A questo proposito Eugenio Santoro, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, propone una ricerca che indaga sull’efficacia di alcune applicazioni per affrontare questa nuove fase tecnologica e che allo stesso tempo promuova la salute. Alcuni studi, infatti, dimostrano che chi fa uso di questi strumenti ha la possibilità di condividere contenuti sul rischio di alcune patologie e si riesce, così, a gestire meglio o a prevenirle rispetto a metodi tradizionali. Le app in ambito medico sono rivolte, infatti, a modificare gli stili di vita.
La ricerca condotta dall’Università di Sassari dà ragione alle osservazioni fin qui fatte. Alessandro Lovari ha mostrato l’importanza dei social media nelle dinamiche relazionali tra le amministrazioni, la sanità e i cittadini. La ricerca consta di tre fasi: una prima mappatura delle piattaforme social,una successiva analisi dei contenuti per le strategie comunicative adottate che ha rilevato Youtube come il social privilegiato e infine interviste ad esperti e gestori delle aziende sanitarie. I dati, risalenti alla fine del 2014,hanno però fotografato una comunicazione unidirezionale delle Asl presenti sui social. A partire dal primo semestre 2013 si è registrato, a livello contenutistico, un incremento. Alcune Asl attivano forme di empower del cittadino attraverso campagne di sensibilizzazione alla salute. Non mancano, però, criticità, in particolare una mancanza delle risorse competenti per la gestione del flusso sulle piattaforme.
Francesca Sensini, web content specialist, pone proprio la questione su quali siano le competenze tecniche e culturali richieste per stare dietro a questo sviluppo, poiché il tema della salute dovrebbe essere sviluppato accanto ad un’acquisizione delle competenze da parte dei cittadini e da parte di chi gestisce queste applicazioni. Il suo lavoro è stato quello di creare standard professionali all’interno dell’architettura di questi mezzi di comunicazione legati all’interazione tra cittadini ed esperti. L’obiettivo è far crescere competenze digitali attraverso l’offerta del mercato e poi mettere in connessione i vari progetti.
Anche all’interno della Camera dei deputati, si è creato, invece, un intergruppo, composto da senatori e deputati competenti e impegnati a portare le tematiche delle nuove tecnologie digitali in tutti i campi. Anna Mosera, ufficio stampa della Camera, ha sottolineato le carenze enormi presenti all’interno del nostro paese. Ciò che si sta facendo, da parte delle istituzioni, è cercare di pianificare campagne di sensibilizzazione attraverso eventi, su questo tema, proposti dagli stessi cittadini.
Non si può procedere, però, se non è garantito il diritto di accesso ad internet. Compensare il digital devided è il primo passo da fare per un coinvolgimento attivo di cittadini ed esperti attraverso le nuove tecnologie.
Alina Dambrosio Clementelli