L'indipendenza dell'informazione da brand e sponsor pubblicitari è un valore da difendere. E' il principio emerso dal panel 'Giornalismo e pubblicità: separati in casa?' che, nella Sala del Dottorato, ha riunito Jane Martinson, responsabile del settore media del Guardian, Margaret Sullivan, public editor del New York Times, Felix Salmon, senior editor di Fusion, il giornalista e scrittore Bill Emmott, e George Brock, insegnante di Giornalismo alla City University di Londra.
Jane Martinson ha inaugurato l'incontro parlando delle pressioni frequenti del settore pubblicitario sull'editoria. "In Italia non esiste il giornalismo indipendente, ad esclusione, forse, di quello del Fatto Quotidiano", ha commentato Bill Emmott. Il giornalista inglese ha evidenziato il legame che le testate hanno con la politica e con il mondo degli affari. "Il modello di business - ha aggiunto - deve essere basato sulla qualità. Bisogna avere in considerazione le aspettative del lettore". Emmott si è quindi rivolto al pubblico in sala: "In futuro è possibile che un modello di giornalismo indipendente possa diventare attraente per voi lettori italiani?".
I presenti hanno concordato tutti sull'importanza dell'imparzialità del giornalista, svincolato da pressioni, e sull'indipendenza dei media, anche dai governi, pur rilevando che l'editore può mantenere partenariati con brand differenti senza perdere credibilità: è necessario distinguere i contenuti editoriali da quelli pubblicitari. La trasparenza e la concorrenza difendono l'unicità dell'informazione e l'integrità del rapporto con il lettore. "Nell'epoca digitale - ha sottolineato George Brock - bisogna capire quello che l'utente vuole, a condizione che si rispettino le regole e la deontologia".
Chiara Amato