Un panel dal titolo volutamente provocatorio. Si è parlato di Trump e dell’effetto della sua elezione in ambito giornalistico nel corso di uno degli ultimi incontri della seconda giornata del Festival Internazionale del Giornalismo a Perugia.
Si tratta di “Perché Trump è la cosa migliore che potesse accadere al giornalismo”, un tavolo di discussione che ha visto protagonisti un folto gruppo di innovatori e pionieri digitali guidati da Stephan Weichert, direttore del corso di studi in Giornalismo Digitale alla Hamburg Media School. Cinque minuti per ciascuno, indirizzati a delineare lo scenario che si sta aprendo in ambito comunicativo, e le opportunità che ne derivano.
Primo a prendere la parola è Frederik Fischer, cofondatore e direttore di Piq.de: “L’elezione di Trump, come come la Brexit - ha affermato Fischer - dimostrano quanto sia pericoloso permettere che il giornalismo sensazionalistico soffochi quello più responsabile. Per un cambiamento reale - ha aggiunto poi - dovremmo trarre spunto dall'ambientalismo, in grado di spingere l’affermazione di nuovi modelli”.
Segue Jeff Jarvis, professore associato alla City University di New York. Per lui, la parola chiave è ascolto: “Non vedo nulla di buono nell'affermazione di Donald Trump. Ma se c’è una lezione da trarre è la necessità di dedicare più tempo e risorse all'ascolto del pubblico”. Un’esortazione che lo accomuna a Guia Baggi, cofondatrice IRPI, secondo cui il giornalista deve essere in grado di confrontarsi di più con le persone reali, frequentando luoghi pubblici come centri culturali e centri d’istruzione.
Sulla stessa linea, Lina Timm, fondatrice del Media Lab Bayern: “L’affermazione di Trump è un’opportunità, in quanto ci mostra quanto sia stato sbagliato l’atteggiamento dei giornalisti più tradizionali negli ultimi trenta anni. Gli operatori del settore dovrebbero essere meno arroganti, e pensare di più ai propri lettori. Proprio come stanno facendo altre realtà, più direttamente connesse al digitale”.
Dopo l’esortazione di Claire Wardle del First Draft News a dare il relativo peso a Donald Trump e a quello che rappresenta, è la volta di Adam Thomas, direttore dell’European Journalism Centre, che ha lanciato un’interessante suggestione: “Iniziamo a pensare al giornalista come architetto della fiducia. La cattiva notizia? Sarà necessario imparare nuove cose per costruire nuovi ponti con i destinatari del proprio lavoro”.
Annalisa Masi