Nei giorni scorsi centinaia di persone sono scese nelle strade di Manama, la capitale del Bahrein, per celebrare il quarto anniversario della rivolta contro Re Hamad bin Isa e richiedere la scarcerazione di Sheikh Ali Salman, leader dell’opposizione arrestato nel dicembre scorso.
Il Bahrein è una piccola isola del Golfo Persico di circa un milione e 300mila abitanti governata da una monarchia sunnita dai tratti autoritari. Ispirati dalla Primavera araba, nel 2011 centinaia di bahreiniti diedero vita a una protesta contro il regime della famiglia Al Khalifa per richiedere il rilascio dei prigionieri politici, l’elezione diretta del primo ministro, e contestare l’uso di strumenti di repressione e le discriminazioni perpetrate nei confronti della maggioranza sciita.
La protesta, inizialmente concessa dalle autorità, si spostò ben presto presso la Piazza della Perla, che divenne uno dei simboli della contestazione. Quattro giorni dopo l’inizio delle manifestazioni, il 17 febbraio, le forze di sicurezza sgomberarono la piazza con un raid violento che provocò 4 morti e circa 300 feriti, durante quello che verrà ricordato come “Bahrain Bloody Thursday”. Il Bahrain Center of Human Rights parlò in quel caso un «uso eccessivo della forza» da parte del governo.
Nel marzo dello stesso anno, le autorità rasero al suolo la piazza, motivando l'operazione - in un annuncio trasmesso dalla televisione di Stato - come un atto di “bonifica” necessario dovuto alla «profanazione» dell’area causata delle «vili proteste» antigovernative.
Sebbene fiaccato dalla repressione, il dissenso popolare nei confronti del governo non cessò di manifestarsi pubblicamente, e dissidenti del regime continuarono a venir incriminati e arrestati con accuse pretestuose.
Nel marzo del 2012 i bahreiniti presero di nuovo la piazza: in un numero che secondo alcune stime varia tra le 100 e le 200mila unità, la protesta invase di nuovo le strade di Manama, in concomitanza con lo svolgimento del Gran premio di Formula1, per portare la questione nazionale all’attenzione del mondo e chiedere la cancellazione della manifestazione. Nei mesi successivi diversi dissidenti vennero arrestati e condannati in contumacia, altre proteste vennero violentemente represse.
In un contesto nel quale i media tradizionali sono in larga parte controllati dal regime, l’informazione alternativa online ha ovviamente giocato un ruolo fondamentale nella diffusione delle news, e le piattaforme di discussione come forum e social network sono state essenziali per il confronto pubblico e il coordinamento delle proteste e della resistenza democratica.
BahrainOnline, per esempio, è uno dei principali organi d’informazione democratico e antigovernativo. Si tratta di un forum creato nel 1999 dal blogger Ali Abdulemam, e sebbene sia stato oscurato più di una volta, è diventato col tempo uno dei siti internet più visitati nell’isola del Golfo.
Autore per Global Voices e membro dell’advocacy group Bahrain Watch, nel 2010 Abdulemam è stato arrestato con l’accusa di aver fatto circolare false informazioni sul suo sito, e costretto a circa un anno di prigionia subendo abusi e torture.
Rilasciato nel febbraio 2011, proprio durante i primi giorni della protesta, è stato accusato e condannato in contumacia a 15 anni di prigione con l’accusa di aver complottato contro il governo, ed è stato costretto a nascondersi per lungo tempo senza avvisare nessuno, per paura che le autorità del regime mettessero sotto torchio famigliari e amici e si vendicassero su di loro, «like the mafia».
Dopo mesi di vita sottotraccia, passata per lo più a leggere centinaia di libri e a cercare di criptare la propria presenza online, nel maggio 2013 Abduleman riuscì a fuggire dal Bahrein nascondendosi nello scompartimento di un’automobile, per poi ricomparire pubblicamente solo in Gran Bretagna, protetto dall’asilo politico. Poco tempo dopo riceverà il Freedom Prize, conferitogli del think tank danese CEPOS.
Ad oggi, il nome di Ali Abdulemam compare nella lista dei circa 70 bahreiniti critici nei confronti del governo - molti dei quali blogger e giornalisti - cui è stata revocata la cittadinanza del proprio paese, in contrasto con l’articolo 15 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (“Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza”).
Ali @Abdulemam: ‘I Have Not Lost My Identity. I am Bahraini.’ http://t.co/OnYkIfHRqC 'I won't be unrecognized' pic.twitter.com/FQACy3ZNKw
— Global Voices (@globalvoices) 21 Febbraio 2015
Ali Abdulemam sarà ospite del Festival Internazionale del Giornalismo, a Perugia dal 15 al 19 aprile.