Anche tu puoi essere un data journalist

“Cambiano gli strumenti a disposizione dei reporter, ma l’obiettivo rimane quello di raccontare una storia”, anche per il giornalismo dei dati. Ha introdotto così, oggi, Mirko Lorenz, giornalista di Deutsche Welle, il panel discussion Anche tu puoi essere un data journalist.

“Il giornalismo dei dati non è fatto solo di numeri, – ha aggiunto Lorenz – ma dà capacità di analisi ed aggregazione, seguite da una corretta visualizzazione, che consente ai lettori una rapida comprensione della notizia. L’analisi dei dati va modellata anche in base al mezzo di comunicazione. Il data journalism, infatti, si adatta bene anche alla televisione, – ha precisato il giornalista – oltre che al web, per il quale possono essere realizzate applicazioni ad-hoc che visualizzano i dati e supportano l’interazione coi lettori”.

Il data journalism usa due generi di strumenti: datawrapper per aggregare i dati e liste elastiche per ottenere una visualizzazione tematica, che il giornalista può affinare con l’esperienza e che possono tornare utili per diversi tipi di storie. Una volta raccolti i dati, “occorre semplificare al massimo il proprio set, per facilitarne la gestione” e la verifica di validità. Scegliere il modo migliore di rappresentare i dati non è semplice, in quanto non tutti possono essere visualizzati alla stessa maniera. Ogni lavoro – ha precisato Lorenz – richiede un team composto sia da giornalisti che sviluppatori, che fianco a fianco possono contribuire ad un obiettivo comune, ciascuno con le proprie competenze.

Nicolas Kayser-Bril, che collabora con Lorenz ed è intervenuto nell’incontro, ha sottolineato l’importanza di comprendere i dati, come condizione necessaria per raccontare una storia, e di capire come e chi li ha raccolti per individuarne la giusta chiave di lettura. “I dati – ha aggiunto Kayser-Bril – non sono sempre veri, ma occorre verificarli come ogni altra informazione, perciò sta a chi li elabora analizzarli e criticarli”.

Le possibilità di impiego nel data journalism danno spazio a formazioni diverse dagli studi classici in giornalismo. A confermarlo Dan Nguyen che, con un background da ingegnere informatico, ora applica le sue competenze di programmazione all’analisi dei dati all’interno della redazione di ProPublica. “Chiunque può provare ad essere un data journalist”, ha detto Aron Pilhofer, direttore delle interactive news di The New York Times, che ha spiegato come sia sufficiente usare Google ed Excel per iniziare a lavorare coi dati e di come in un giorno sia possibile “apprendere l’80% delle competenze di base, che non vi renderà esperti, ma sarà abbastanza per produrre ottimi lavori”.

Oltre alle competenze sono chiaramente fondamentali i contenuti. A riguardo, Caelainn Barr di CityWire UK ha confermato che i dati non mancano, occorre solo cercarli, esercitarsi con i dataset di piccole dimensioni per poi elaborare i cosiddetti “big data”.

Durante l’incontro, moderato da Guido Romeo di Wired Italia, Liliana Bounegru dell’European Journalism Centre e Lucy Chambers della Open Knowledge Foundation hanno presentato anche il Data Journalism Handbook, un manuale per approfondire le tecniche di analisi dei dati applicate al giornalismo, liberalmente consultabile sul sito http://datajournalismhandbook.org.

Pasquale Lorusso