Citizen journalism 2.0

Centro servizi G.Alessi, ore 15.00

Qual è il futuro del citizen journalism e in che modo cittadini e giornalisti professionisti si relazioneranno in futuro? La parola d’ordine è collaborazione e sinergia tra chi fornisce il materiale ai media e chi ha il compito di verificare le fonti e trasformare immagini e spunti in storie. Delle sfide offerte dal citizen journalism si è parlato oggi al Festival del Giornalismo di Perugia durante l’incontro “Citizen journalism 2.0” con Adam Baker, fondatore di Blottr, una piattaforma inglese per il citizen journalism, Eric Carvin, social media editor Associated Press, Anthony De Rosa, social media editor Reuters, Stuart Hughes BBC News, Mark Little fondatore e Ceo di Storyful e Turi Munthe fondatore e Ceo di Demotix. «Dobbiamo essere più chiari, trasparenti, continuare ad assorbire informazioni ma poi fare controlli e verifiche attentamente – ha spiegato Munthe - la velocità non è la cosa più importante». Con la diffusione di internet e dei social network, i giornalisti “tradizionali” ricevono centinaia di informazioni attraverso la rete. «Il giornalista è il manager di una quantità enorme di informazioni: prende le immagini e deve farle diventare delle storie – ha sottolineato Little -. Non dobbiamo farci la guerra con le altre agenzie sulla velocità, ma lavorare per rendere utile la notizia per il mondo». Comprendere i retroscena delle immagini, verificarne la veridicità e soprattutto aggiungere la propria competenza e trasformare questo materiale in storie interessanti e utili è il compito del giornalista. «Il citizen journalism è un complemento al giornalismo» ha aggiunto Baker. Verifica e accuratezza sono indispensabili. «Certi pensano di dover pubblicare subito del materiale anche se non è accurato, io credo di no. Dobbiamo avere esperienza nel verificare le informazioni – ha sottolineato Carvin -. Non è detto che tutte le informazioni ricevute dai cittadini siano prive di pregiudizio: per questo ci vuole un professionista che verifichi». Una questione aperta tra gli esperti di citizen journalism è la retribuzione di chi collabora con i media, ma non è giornalista. «Dovremmo pensare a una “licenza di servizio pubblico” – ha concluso Little -. Quelli dei cittadini sono contenuti preziosi anche a lungo termine: è complicato ma potremmo riuscire a definire una sorta di contratto tra il cittadino e i media che ricevono le info».

Ludovica Scaletti