Coprire le emergenze nell’era dei big data

Sala Raffaello, ore 9.00

I big data, ovvero le grandi aggregazioni di dati la cui dimensione richiede un'elaborazione con strumenti di lavoro automatici, giocano un ruolo fondamentale nella copertura giornalistica delle emergenze, sia quelle naturali che quelle provocate dagli esseri umani. In occasione dell'incontro “Coprire le emergenze nell'era dei big data”, organizzato da European Journalism Centre e Open Knowledge Foundation i relatori hanno portato all'attenzione del pubblico il modo in cui sono stati trattati due esempi in particolare: gli attentati avvenuti durante la maratona di Boston e l'Uragano Sandy.
Anthony De Rosa, social media editor presso Reuters, ricorda come il suo ruolo sia quello di diffondere all'interno della redazione le informazioni provenienti da Twitter e non solo, per identificare ulteriori elementi da aggiungere ai contenuti prodotti direttamente dai giornalisti. Durante gli attentati di Boston l'esercizio più difficile, racconta De Rosa, è stato quello di capire quali interventi sui social media fossero di prima mano e non costituissero semplici rilanci, distinguendo i veri dai falsi, facendo anche le dovute telefonate per la verifica. In secondo luogo, è stato necessario concentrarsi sulle informazioni ritenute affidabili e costruire attorno a queste un contesto opportuno, che potesse aiutare il lettore a comprendere adeguatamente l'origine delle informazioni.
Claire Wardle, direttore di News Service, agenzia che si occupa di offrire ai giornali informazioni affidabili recuperate tramite i social media, sottolinea la complessità delle operazioni di verifica di una notizia. Per la verifica di un video girato da una maratoneta durante l'attentato, in primo luogo si è identificato con Google Street View il luogo dell'esplosione quello mostrato nel video. Si è inoltre controllato che l'ora fosse effettivamente quella, si è andati alla ricerca della vera identità della persona che aveva pubblicato il video, esplorando oltre a Twitter, Facebook, Linkedin, Google Plus. Negli Stati Uniti, inoltre, esiste un servizio chiamato Spokeo, che consente di avere numerosissime informazioni su una persona dopo aver inserito il suo nome. Dopo 4 ore di controllo accurato, ha sostenuto Wardle, abbiamo considerato quel video attendibile e lo abbiamo indicato ai vari giornali.
Aron Pilhofer, direttore presso il dipartimento Interactive News del New York Times, ricorda come il modello di una notizia per uno “story-telling” in tempo reale debba adattarsi di volta in volta al contenuto. In particolare occorre abbandonare il metodo secondo il quale si raccolgono tutte le informazioni necessarie e poi si scrive una storia, ma la storia deve svilupparsi in tempo reale. Nel caso dei dibattiti televisivi delle ultime elezioni americane, ad esempio, il New York Times ha costruito una pagina in cui allo streaming in diretta si è affiancato un modulo Twitter e una sezione di “fact-checking” in cui la redazione del giornale rispondeva quasi in diretta alle domande poste dagli utenti sulla veridicità delle dichiarazioni dei politici.
Nel caso della gestione di emergenze come l'Uragano Sandy, la prima cosa che occorre fare, ricorda Pilhofer, è porsi le giuste domande per capire quali informazioni siano davvero importanti per gli utenti. Questo metodo è stato adottato perfettamente da WNYC, una progetto che opera con risorse molto più limitate rispetto al NYT, ma che è stato in grado di offrire un servizio di altissimo livello ai cittadini, fornendo un'insieme di mappe che indicavano, oltre alle informazioni su intensità e posizione dell'uragano, anche lo stato dei servizi come la metropolitana e del trasporto in generale.
In conclusione, Christopher Reardon dell'Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Uniti ha sottolineato come l'obiettivo delle Nazioni Unite sia quello di coprire eventi che hanno, al contrario dei casi precedenti, una durata di anni, raccoglierndo informazioni non tanto per pubblicarle direttamente, ma per fornire materiale direttamente ai giornali che possono utilizzare le proprie competenze per valorizzarle.

Giuseppe Futia