“La Siria è in queste ore l’argomento che domina le televisioni e i giornali di tutto il mondo, ma noi non vogliamo parlare di ciò che sta accadendo in questi ultimi giorni. Vogliamo provare a tornare indietro, raccontare che cos’era la Siria, prima della guerra civile, prima di sette anni di guerra, il rischio di una terza guerra mondiale, 500.000 morti e 65.000 persone sparite nelle carceri”. Si apre così, con le parole della giornalista di Repubblica Francesca Caferri, il toccante incontro tenutosi in serata all’interno della Sala dei Notari, in occasione della dodicesima edizione del Festival Internazionale del giornalismo di Perugia.
Ospiti dell’evento Noura Ghazi Safadi, avvocatessa siriana esperta di diritti umani, e Donatella Della Ratta, giornalista e scrittrice che ha vissuto a Damasco per anni. Il filo conduttore che unisce le vite di queste due grandi donne è Bassel Safadi, che oltre ad essere marito di Noura e grandissimo amico di Donatella, è stato un informatico e attivista siriano. Per parlare di lui, la moderatrice Francesca Caferri, riprende un articolo dell’Indipendent: “Il signor Safadi è la persona che ha il merito di aver aperto internet in Siria durante la rivoluzione siriana, durante il tempo della censura, permettendo ai siriani di avere libero accesso a questi strumenti fondamentali, permettendogli di raccontare che cosa stesse realmente succedendo. Le organizzazioni per i diritti umani lo hanno considerato un prigioniero di coscienza e per anni hanno lottato per il suo rilascio.” Nel 2012 Bassel è stato arrestato ma, nonostante questo, è rimasto in Siria; nel 2015 Noura ha ricevuto la sua ultima telefonata ed infine nel 2017 lei stessa ha diffuso la notizia della sua morte all’interno delle carceri siriane.
Donatella, con commozione, parla della sua attività a fianco di Bassel dal 2007 fino alla sua morte “Con Bassel avevamo aperto un hacker space, i servizi segreti siriani ci avevano dato il lasciapassare, non sapevano realmente che cosa stessimo facendo. Abbiamo visto e collaborato con giovani di tutti i ceti sociali e di tutte le religioni che andavano in piazza a manifestare. Erano pronti a tutto, c’era chi era disposto a morire per filmare, per portare la propria testimonianza”.
“Per la prima volta eravamo liberi di dire quello che pensavamo” ha detto Noura in un intervista e, raccontando la sua esperienza come attivista e manifestante, dopo aver visto amici, familiari morti davanti ai suoi occhi, afferma di sentirsi privilegiata di poter lavorare per la sua gente, di poter aiutare i siriani a vivere una vita diversa dalla sua. Ha sottolineato il coraggio di tutti coloro che a costo delle loro vite si sono riversati nelle strade per chiedere dei diritti che in Siria continuano ad essere inesistenti. Continua, raccontando l’esperienza del marito, Bassel Safadi, che nonostante sapesse di essere in pericolo è rimasto nella sua terra: “Bassel voleva far parte della rivoluzione, era assolutamente consapevole del ruolo che aveva in questo processo, non gli importava pagare il prezzo del suo coinvolgimento. Pur avendo perso l’amore della mia vita, sono fiera di lui, mi sento confortata a sapere che ero con lui nei suoi ultimi momenti, supportandolo sempre”.
Rispondendo alla domanda su cui si è incentrato tutto l’incontro: ‘Che cos’è rimasto oggi della rivoluzione siriana?” entrambe le ospiti hanno affermato con forza e coraggio che ciò che rimane è sicuramente la necessità di poter recuperare la situazione, il desiderio di poter essere amati e rispettati in quanto essere umani. È necessario che ci sia una nuova rivoluzione, non solo contro la dittatura, ma con chi sta violando i diritti umani.
L’incontro si conclude con un’intensa ed emozionante performance, realizzata grazie al materiale che Bassel ha lasciato a Donatella poco prima di essere incarcerato. Una testimonianza, che tra musica, video, immagini ha lasciato il pubblico senza parole.
Virginia Morini