Da pagina Facebook a blog indipendente sino ad arrivare ai grandi media.
Dalla partecipazione dal basso, legata al contesto locale, a cassa di risonanza e catalizzatore nazionale di un unico grande tema: l’emergenza lavoro.
Questa la storia de L’Isola dei Cassintegrati, “l’unico reality reale”, raccontata questa sera al Festival del Giornalismo. Nata come pagina Facebook allo scopo di far conoscere la protesta degli operai della Vinyls di Porto Torres, autosegregatisi nell’isola dell’Asinara, nel nord della Sardegna, L’Isola dei Cassintegrati è approdata a uno dei principali e più autorevoli settimanali italiani, l’Espresso, di cui è oggi partner.
La storia è stata raccontata da Michele Azzu, co-fondatore della pagina Facebook e del blog insieme a Marco Nurra, nell’ambito dell’incontro, presieduto da Alessio Jacona, giornalista e scrittore, che ha visto la partecipazione anche di Alessandro Giglioli, caporedattore desk de L’Espresso.
Michele Azzu e Marco Nurra, entrambi sassaresi, vengono a conoscenza della protesta degli operai cassintegrati della Vinyls che il 24 febbraio 2010 occupano gli spazi dell’ex carcere dell’Asinara.
Il giorno dopo viene aperta la pagina Facebook, che nel corso delle tre settimane successive registra l’iscrizione di 50.000 persone, raggiungendo in poco tempo i 100.000 contatti.
“L’esigenza era quella di dare risonanza mediatica alla lotta portata avanti dagli operai, andando aldilà del contesto esclusivamente locale, con l’obiettivo di far conoscere la notizia dell’occupazione a tutta Italia”, racconta Michele Azzu. “Inizialmente gli iscritti non erano sardi, ma si trattava perlopiù di contatti personali, bolognesi ed emiliani. Successivamente si sono iscritti al gruppo tutti i sardi che stavano su Facebook”, riferisce Azzu.
Come si spiega una reazione così forte, una partecipazione così numerosa da parte di persone che non facevano parte del contesto locale in cui si è sviluppata la protesta? Secondo Azzu “C’era un vuoto informativo in Italia. I media mainstream non trattavano sufficientemente il tema del lavoro. Si diceva che la crisi non c’era. Evidentemente c’era l’esigenza di comunicare e manifestare un disagio generale, che non riguardava solo il caso della Vinyls”.
Secondo Giglioli “Il tema del lavoro non era più tanto trattato dai giornali. Si è riscoperto in seguito alla crisi. Inoltre gli schemi per raccontare il lavoro erano rimasti fermi al contesto degli anni ’70, non erano più adeguati per raccontare la frammentazione dell’attuale realtà lavorativa”.
Un settimana dopo l’apertura della pagina Facebook viene creato il blog. “L’esigenza era quella di diventare i narratori della protesta, piuttosto che limitarsi a diffondere i testi altrui”, continua Azzu.
L’Isola dei Cassintegrati si trasforma così in un luogo di incontro di tante persone. Racconta la lotta degli operai della Vinyls per tutti i 500 giorni in cui si sviluppa la protesta, sino a iniziare a raccontare le altre manifestazioni operaie in giro per l’Italia, tra il 2010 e il 2011. “Abbiamo trovato un’Italia disperata, allo stesso modo in cui lo erano gli operai della Vinyls; un ceto medio impoverito; tante persone che non riuscivano a far sentire la propria voce, tramite i giornali o la politica”, racconta Azzu.
Ed è qui che entra in gioco L’Espresso, nato come giornale legato alle battaglie civili e sociali, interessato alla contaminazione tra lotta operaia e nuove modalità per raccontarla, vale a dire i linguaggi della rete e della nuove generazioni. L’Isola dei Cassintegrati nasce da una possibilità che all’Espresso mancava: il rapporto diretto con il territorio. Elemento fondamentale per raccontare storie, il contatto locale diventa sempre più difficile per i giornali tradizionali i cui organici continuano a essere ridotti.
A L’Isola dei Cassintegrati parlano direttamente i protagonisti della crisi. Si parte dal basso, dai luoghi in cui accadono gli eventi. L’idea de L’Espresso è quella di replicare l’esperimento, creando un’interazione sempre più fitta tra crowdsourcing, rete e giornale cartaceo, fino alla creazione di un vero e proprio lavoro multimediale.
Tuttavia “Con i blog non si può impedire la chiusura di una fabbrica”, afferma Alessio Jacona. “Se non c’è un impegno politico decisivo le fabbriche non riaprono più”, aggiunge Azzu.
I media hanno però il dovere di raccontare. La funzione del giornalismo è quella della denuncia sociale.
E in qualche caso i blog centrano l’obiettivo. Un esempio per tutti: i licenziamenti annunciati all’Autogrill sono stati fermati in seguito all’appello lanciato sulla rete e alla risonanza mediatica che ne è derivata.
Simona Trudu