Dal Maidan all’annessione della Crimea: quale futuro per l’Ucraina?

Quali sono i nervi scoperti della crisi in Ucraina? E quali le difficoltà nel raccontarla? Ne parliamo con Anna Babinets, Lucia Goracci, Moustafa Nayem e Olga Tokariuk.

photo by Giovanni Culmone

Quello ucraino è un conflitto che sembra riportarci a sessant’anni fa. Si torna a parlare di svastiche, di deportazioni, di minoranze perseguitate. Si rievocano i fantasmi della seconda guerra mondiale e della Guerra Fredda. Ed è un conflitto che diventa ogni giorno più difficile da raccontare.

“I manifestanti che hanno occupato Maidan non avevano mai attaccato i giornalisti”, racconta la freelance Olga Tokariuk. “Ma da quando la situazione è degenerata i giornalisti ucraini sono stati picchiati, rapiti e uccisi da gruppi filo-russi. Il caso di Simon Ostrovsky ha fatto molta notizia perché si trattava di un americano, ma dei 15 giornalisti ucraini rapiti non se ne è sentito parlare”.

La crisi in Ucraina inizia nel novembre 2013, quando oltre 100mila persone scendono in piazza dell’Indipendenza di Kiev, per protestare contro la decisione dell’allora presidente Viktor Yanukovych di fare marcia indietro su un accordo con l’Unione Europea. “Era iniziata come una protesta pacifica, non c’erano politici tra noi, solo studenti, giornalisti e attivisti”, racconta Mustafa Nayem, co-fondatore di Hromadske.TV, un canale ucraino nato nel 2012 con lo scopo di creare un’alternativa al monopolio dei media posseduti da oligarchi filo-governativi. “È vero, ci sono elementi nazionalisti ma non bisogna esagerare il loro ruolo. E non bisogna dimenticare che la protesta è stata pacifica e trasversale, poiché ha coinvolto persone di ogni età ed etnia”.

Presto le proteste iniziano ad essere represse con la forza e la situazione degenera: il 20 febbraio è il giorno più violento della storia di Kiev, con 88 persone uccise nel giro di 48 ore. Due giorni dopo il presidente Yanukovych fugge e il parlamento nomina Olexander Turchynov come presidente ad interim. Prima di lasciare Kiev, Yanukovych cerca di distruggere alcuni dei suoi documenti compromettenti. Butta via le carte in un lago, vicino alla sua residenza alle porte della capitale; ma alcuni reporter vengono avvisati in tempo.

È cosi che nasce il progetto Yanukovychleaks: “Una delle ragioni dietro la protesta era anche lo sperpero di soldi e la corruzione del presidente, e il forte squilibrio sociale tra gli oligarchi e la maggioranza della popolazione”, spiega Anna Babinets, co-fondatrice di Slidstvo.Info e giornalista coinvolta nell’indagine sull’ex-presidente. “Con un team di fotografi e reporter abbiamo recuperato i documenti e, nonostante fossero bagnati, siamo riusciti a recuperare dati sulle ricchezze dell’ex presidente. Viveva in una residenza grande quanto il principato di Monaco, nel lusso e nello sfarzo”.

A complicare il quadro della situazione si aggiunge la questione della Crimea: a marzo Vladimir Putin, dopo aver mobilitato le sue truppe e dichiarato apertamente di voler intervenire militarmente per difendere i russi dell’Ucraina, organizza un rapido e controverso referendum che sancisce l’annessione della regione alla Russia.

“Il dissenso in Crimea non si è potuto esprimere”, spiega Lucia Goracci, corrispondente per RAInews24. “Sia perché i dissenzienti sono stati intimiditi, sia per il lavaggio del cervello delle televisioni russe. Ma ho anche visto grande entusiasmo, che deriva dalla componente socio-economica: si pensa infatti che l’annessione alla Russia porterà ricchezza”.

"I Tatari, la minoranza musulmana sunnita che rappresenta il 15 per cento della popolazione in Crimea, era contraria all'annessione", aggiunge la Goracci. "Il loro capo mi ha detto che si ricorda ancora della deportazione di sua madre, durante il regime di Stalin, quando lui aveva appena sette anni. Ma si sono limitati ad astenersi dal voto".

In Ucraina la preoccupazione per il futuro è forte. “Perche Putin dovrebbe fermarsi?”, si chiede Nayem. “Putin vuole questa guerra, e la sua nazione lo appoggia. L’esercito ucraino non sarebbe in grado di resistere a un attacco russo: non resisteremo più di due ore. Ma abbiamo la società civile, le organizzazioni internazionali, gli strumenti politici, le sanzioni, le negoziazioni. È su questo che si dovrebbe lavorare”.

Prevedere come la situazione si evolverà è impossibile. C’è, però, una data da tenere d’occhio: il 25 maggio. “Ci sono due elezioni cruciali – spiega Tokariuk – Ci sono le presidenziali in Ucraina, che la Russia osteggia perché non vuole un presidente legittimo. E ci sono le europee. Non bisogna dimenticare che il successo dei partiti euroscettici è anche una vittoria di Putin. Non a caso, durante il referendum in Crimea gli unici osservatori europei ammessi appartenevano a partiti estremisti.”

Lorena Cotza