Il diverso come risorsa, come punto di arricchimento e non come entità da combattere. Di questo si è discusso questa mattina (mercoledì 15 aprile, ndr) nel panel “Dialogo e comunicazione interreligiosa, segnaletica per giornalisti smarriti, presso la Sala dei Notari di Perugia, nell'ambito del International Journalism Festival, dove è sorta la necessità di creare un glossario di dialogo interreligioso. Diversi i relatori che si sono succeduti: Izzedin Elzir, Unione delle Comunità Islamiche d'Italia, Chiara Longo Bifano, Ordine dei Giornalisti, Victor Magiar, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Monsignor Domenico Mogavero, bishop Mazzara del Vallo.
“L'Italia – ha dichiarato il Monsignor Domenico Mogavero - si dovrebbe fare carico di creare una conferenza internazionale di migrazioni del Mediterraneo affinchè questo torni ad essere un mare di speranza e non un mare di morti (ora ne conta oltre trentamila). Il Mediterraneo come mare delle tre grandi religioni monoteiste, come mare di Dio, come mare degli uomini, come mare che avvicina, che crea ponti, come mare della fratellanza. La comunicazione tra i popoli non può essere un fenomeno letto in chiave emergenziale. Oggi le migrazioni sono per noi sono una sfida di civiltà di cultura, di umanesimo”.
È quindi stato analizzato da parte di Izzedin Elzir il significato della parola jihad. Una parola bellissima che significa 'sforzo', oltre ad essere un nome proprio femminile e maschile. Sebbene venga tradotta con 'guerra santa', il nostro stesso cammino è una jihad, convertirsi è una jihad. È bene compiere una jihad nella quale l'altro è una risorsa, un arricchimento, non più come un nemico da combattere. Così come il dialogo e il confronto con l'altro rappresenta un esercizio difficile ma proficuo ed utile per l'arricchimento personale. La jihad deve essere una conversione della quale abbiamo bisogno per mettere in pratica ciò che facciamo mediante i nostri principi. È una strada lunga ma l'unica possibile per metterci in pace gli uni con gli altri.
Victor Magiar, di professione mediatore culturale ha sottolineato che tutti dobbiamo compiere degli sforzi per migliorare noi stessi, per capire e imparare. Siamo prigionieri delle parole e le guerre, purtroppo, iniziano da lì. Il concetto alla base del vivere assieme è che il mondo è diversità, ma di questa diversità bisogna trarne risorse.
Le parole servono per comunicare, per scambio, per confronto tra mondi e realtà. La purificazione del linguaggio ci impone che le parole che usiamo siano fedeli alla realtà. L'angolo visuale è diverso per ognuno ma è ugualmente importante.
Catia Marcucci