Ebola, (nuovi) media in campo contro la disinformazione #ijf15

di Lou Del Bello

foto via

Londra. Una folla di giornalisti e troupe televisive si accalca di fronte al podio dove un portavoce del governo parla con toni rassicuranti dell’ultimo caso di Ebola scoperto negli Stati Uniti. Nell'eventualità di qualche caso sporadico nel Regno Unito, spiega, l’infrastruttura sanitaria sarebbe pronta a ricevere il paziente, isolarlo e trattarlo con le migliori terapie disponibili. Al termine della conferenza, tra la folla che si disperde, un reporter sussurra sarcastico all’orecchio di una collega: ‘Suvvia, stiamo scivolando un po’ troppo nell’isteria collettiva, non ti pare?’ Scandalizzata, lei risponde: ‘Beh io non voglio beccarmelo! Tu invece!?’

Mentre mi racconta questa storia davanti a un drink, Charlie Cooper, corrispondente medico dell’Independent, alza gli occhi al cielo come se la conversazione fosse appena conclusa.

L’attenzione senza precedenti che i media internazionali hanno riservato alla crisi Ebola è in buona parte dovuta alla paura che il virus possa dare luogo ad un’epidemia globale, anche se in realtà la diffusione del contagio è piuttosto improbabile e di conseguenza le epidemie sono controllabili.

Nell’Africa dell’ovest la malattia si è propagata grazie a specifiche condizioni quali la povertà delle comunità locali e l’assenza di un’infrastruttura sanitaria funzionale. A Londra, e praticamente ovunque nel mondo occidentale, un paziente malato di Ebola verrebbe immediatamente isolato e ricoverato in terapia intensiva. Nonostante alcuni casi verificatisi fuori dalle aree a rischio, la possibilità di una pandemia globale era e rimane molto bassa.

E allora perché questa epidemia è diversa dalle molte altre che si verificano nei paesi in via di sviluppo? Cosa l’ha resa tanto notiziabile, più spaventosa? Cosa ha realmente richiamato l'attenzione dei media, oltre a quella del mondo della sanità pubblica?

EBOLA DIARY by Geraldine O’Hara (radio)

Un recente studio realizzato da un gruppo di studenti del Regno Unito ha dimostrato che le maggiori università del paese spendono solo il 2% del loro budget per la ricerca medica nel campo delle ‘neglected diseases’, malattie come la Chikungunya, la rabbia o appunto la febbre emorragica Ebola. Queste malattie sono diffuse principalmente nei paesi in via di sviluppo, e non sono un buon investimento per le compagnie farmaceutiche. Persino le università esitano nel finanziare ricerche che potrebbero non sfociare in interventi concreti.

Alcune parti del mondo – non per caso, le stesse ignorate dall’agenda medica globale – sono ignorate anche dai media. Nel Regno Unito come in Italia, posti come l’Africa, il sud est Asiatico e l’America Latina hanno ben poco spazio sui media mainstream. Ma l’epidemia di Ebola ha capovolto i criteri di ciò che fa notizia.

Se comparata con altre epidemie, Ebola non ha causato un alto numero di vittime. Altre crisi umanitarie verificatesi in paesi come la Nigeria, soffocata dalla morsa di Boko Haram che ha ucciso più di 10mila persone, hanno ricevuto ben poca attenzione.

Ma questa crisi, con il suo potenziale di contagio globale e nessuna cura disponibile, ha portato con sé la consapevolezza che la globalizzazione non è solo un concetto valido su internet o nei mercati finanziari. Quello che succede nel campo della salute pubblica dall’altra parte del mondo non può più essere ignorato.

I giornalisti hanno risposto alla crisi in due modi: da un lato si sono concentrati su quello che potrebbe accadere se il virus penetrasse i confini nazionali, dall’altro hanno abbracciato l’aspetto umano e locale della tragedia. Medici e corrispondenti hanno trasmesso i propri diari, le loro storie raccontate in prima persona per immergersi completamente nella vita quotidiana e nelle sofferenze delle comunità africane. Agendo in parallelo, nonostante le condizioni diametralmente opposte, allarmismi infondati sono cresciuti sia nelle zone colpite dall’epidemia che in Occidente.

Di fronte all’epidemia, i media hanno ridefinito i canoni del giornalismo convenzionale: hanno adottato una prospettiva diversa, hanno preso parte alla risposta umanitaria, e hanno introdotto nuovi modi creativi per combattere allarmismi, disinformazione e sfiducia nei medici.

Quest’anno abbiamo invitato al Festival Internazionale del Giornalismo tre giornalisti internazionali, un imprenditore specializzato nel campo della salute pubblica e un dottore per discutere questi problemi. Ci racconteranno il loro viaggio intimo attraverso l’orrore di una crisi globale che ha ferito il mondo, ma ha anche insegnato molto al mondo della scienza, della politica internazionale e del giornalismo.

Ebola Deeply: Ebola On The Ground: The Decontaminator (video)