In una Sala dei Notari gremita di gente si è tenuto questo pomeriggio alle ore 16:00 l’incontro con Mario Calabresi, direttore de La Repubblica, e Jay Carney, Senior VP Global Corporate Affairs di Amazon e precedentemente Portavoce della Casa Bianca.
Durante il panel si è parlato del significato e delle potenzialità dell’explanatory journalism come strumento volto ad aiutare i lettori nel dare un senso a scenari complessi. A tal proposito Carney afferma che, avendo passato molto tempo al Time Magazine, ha potuto vivere in prima persona l’evoluzione dei media e di essere pienamente convinto che da questa crescita siano nate nuove opportunità ed una maggiore democratizzazione della stampa. “L’explanatory journalism – continua – esiste da parecchi anni ma con l’avvento di Internet si ha avuto la possibilità di utilizzarlo e di metterlo a disposizione del lettore: è un giornalismo che deve uscire dai titoli ed informare la gente di quello che succede.”
In un mondo in cui ci sono tante voci, l’explanatory journalism dà la fiducia ed aiuta i cittadini/lettori a cercare di capire quale sia la verità. Riguardo a ciò Mario Calabresi ha affermato che oggi fare giornalismo significa unire i puntini e creare un contesto: “Credo che i giornalisti abbiano la capacità di dare molte più informazioni oggi ed i lettori hanno la possibilità di controllare se quello che si è detto sia vero o meno, criticandoli in alcuni casi” afferma Jay Carney.
“Quindi, si può immaginare che questa sia una delle risposte alla crisi di credibilità ed il miglior modo di fare giornalismo per evitare la diffidenza e dare, invece, la possibilità di ricostruire la fiducia?” la domanda il direttore de La Repubblica. “Credo di si perché quando si è trasparenti riguardo alle origini di una notizia si spiega il fatto al lettore. E quando un giornalista ammette di aver commesso un errore e descrive dove ha sbagliato concorre, allo stesso tempo, ad aumentare la credibilità.” Dalla sua esperienza personale, quando ha lasciato il giornale diventando portavoce della Casa Bianca, non solo ha cambiato la sua vita professionale ma anche il suo punto di vista: “vedere che i giornalisti non correggevano quello che dichiaravano era molto frustante.”
Correlato al problema della trasparenza e della credibilità c’è quello di una “battaglia fatta di partigianeria” e si tratta di un fenomeno che preoccupa Jay Carney. “Ci sono sempre più persone che scelgono di attenersi solo alle informazioni che confermano il loro punto di vista e, per questo motivo, è diventato molto difficile arrivare alle persone che hanno visioni ed ideologie diverse dalle proprie.”
Spostando il discorso sul Presidente Obama, Calabresi ricorda che, durante la sua campagna elettorale, egli disse che il “paese andava purificato” e domanda quanto possa essere colpa dei media la responsabilità della spaccatura politica americana. L’ex Portavoce, a tal proposito, afferma che i media hanno in parte la responsabilità ma è anche vero che tutti e tre i precedenti presidenti hanno fatto campagne elettorali promettendo di ridurre la lotta contro la divisione politica. “Bisogna ricordare che il loro interesse non è cercare compromessi ma ottenerne dei benefici” continua Carney.
Rimanendo in tema di campagne elettorali, il focus del discorso si attualizza puntualizzando che il fenomeno di adesione nei confronti di Bernie Sanders rappresenta l’idealismo che si trova spesso tra i giovani americani che non vogliono compromessi e preferiscono trovare qualcosa per cui entusiasmarsi.
A proposito di entusiasmo, Mario Calabresi conclude il talk domandandogli cosa si aspetta dalla sua “quarta vita” dopo quelle da giornalista, da portavoce della Casa Bianca e da vicepresidente per gli affari aziendali di Amazon: “pensione! – risponde con ironia – Beh, io sono un pessimo giornalista ma mio figlio suona in un gruppo ed io vorrei essere il loro manager!”
Martina Parisi