Fast-checking all’italiana

Centro Servizi G.Alessi, ore 12.00

Negli ultimi anni anche in Italia si va diffondendo il fact-checking con diversi progetti di verifica delle fonti per smascherare i politici che manipolano i numeri a proprio piacimento o i giornalisti che non fanno bene il proprio lavoro.
Questo fenomeno è stato al centro del panel discussion svoltosi il 25 aprile alle ore 12.00 al Centro Alessi di Perugia, all’interno del Festival Internazionale del Giornalismo.
A moderare il panel Nicola Bruno, co-fondatore di effecinque.org, che ha sottolineato come negli ultimi anni anche in Italia siano nate diverse iniziative di fact-checking all’interno di università e gruppi di ricerca.
Il primo a parlare è stato Matteo Agnoletto, fondatore di politicometro.it, sito di fact-checking politico nato un anno e mezzo fa all’Università di Genova, poi lanciato con le elezioni.
“L’esperienza su Genova è stata molto positiva”, ha affermato Agnoletto, “speriamo che inizi a diffondersi anche da noi questa cultura e che si smentisca la convinzione che il fact-checking funzioni solo in campagna elettorale”.
Poi Alexios Mantzarlis, di pagellapolitica.it, progetto nato ad ottobre del 2012 con la missione di iniettare una dose di oggettività nella dialettica politica italiana e di riflettere sulla possibile influenza di questo fenomeno sul voto.
“I politici si sono resi conto del nostro lavoro durante le ultime elezioni”, ha detto Mantzarlis, “hanno riconosciuto il nostro ruolo di watchdog e dopo aver visto le analisi di pagellapolitica.it si sono accorti di aver riportato dati sbagliati e li hanno corretti”.
Importante riconoscere che il fact-checking non si sostituisce al giornalismo editoriale ma lo completa.
“Più di un anno fa parlavamo di come ci sarebbe piaciuto vedere meno propaganda politica e più fatti”, ha dichiarato Simonetta Pattuglia, dell’Università di Roma Tor Vergata, che ha lanciato insieme a Sky un progetto di fact checking partito con le primarie del Pd il 16 novembre scorso.
L’esperimento, che ha avuto una grande eco, è segno del cambiamento epocale in atto ed indica la grande portata del connubio tra una ricerca rigorosa e un giornalismo sempre più qualificato.
Il tutto per cercare capire, quasi in tempo reale (con uno scarto di circa mezz’ora rispetto all’affermazione iniziale), la quota di vero nelle affermazioni dei politici.
A rispondere alla domanda di Nicola Bruno “come mai in Italia ancora non esiste una struttura all’interno delle redazioni dedicata al fact-checking” è stato Sergio Maistrello, giornalista e scrittore, autore di un ebook dedicato al fact-checking.
“Prima di tutto perché il giornalismo anglosassone è diverso. In Italia il giornalismo è meno preciso di natura, più legato alle firme”, ha affermato Maistrello, “poi per la dimensione del mercato. Quello statunitense (o anglosassone) è così ampio da poter sostenere una dimensione ulteriore del controllo dei fatti”.
Il fact-checking non è altro che il controllo dei fatti, un qualcosa che i giornalisti dovrebbero già fare. In Italia questo processo sta diventando un format indipendente, nascono infatti realtà che fanno esclusivamente fact-checking.
Ė un format che sta guadagnando spazio e visibilità soprattutto dopo le ultime tornate elettorali ma è un metodo che va bene in tanti campi, non solo per la politica.
Il metodo ideale di fact-checking si fonda sulla lettura quotidiana dei giornali e sull’analisi delle affermazioni e dei dati che non sembrano veri. Seguono due fasi di verifica: la prima con l’autore (si chiede quale sia la fonte dei dati), la seconda con i centri di ricerca più autorevoli.
In Italia molto spesso i virgolettati riportati sui giornali non coincidono con le affermazioni fatte dai politici e i politici stessi non conoscono le fonti dei dati che presentano.
Da pochi mesi anche nel nostro paese è partita l’analisi dei talk show televisivi con il lancio del fact-checking in diretta su twitter, citando le fonti e dando un primo giudizio sull’attendibilità delle affermazioni.
Uno degli aspetti più interessanti è capire quale può essere l’apporto dei lettori nel processo di verifica dei dati e delle informazioni, una sorta di fact-checking collaborativo.
Negli Stati Uniti qualcosa è già stato fatto in questa direzione, provando ad aprire in maniera molto cauta il fact-checking ai cittadini.

Daniele Palumbo e Danila Paradiso