Giornalismo e filantropia. Si tratta di una relazione complicata dato che non tutte le fondazioni finanziano il giornalismo per il bene del giornalismo stesso. I giornalisti, d’altronde, spesso ritengono che ogni tipo di finanziamento privato potrebbe danneggiare la loro indipendenza. Tuttavia, se ben gestito, l’apporto dei privati può essere una buona opportunità per i media. Si è parlato di questo in un panel svoltosi nel pomeriggio nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani e coordinato da Nienke Venema, direttrice “Stichting Democratie en Media”.
«I malintesi non sono mancati ma ci sono state tante belle iniziative» ha sostenuto Rob Wijnberg, direttore del "De Correspondent per il quale occorre lanciarsi e avere spirito di iniziativa perché ciò porta comunque ad imparare qualcosa.
Maria Teresa Ronderos, Open Society Foundation, si è detta convinta che fare rete a livello internazionale sia la chiave fondamentale per produrre un’informazione libera e indipendente: «Tuteliamo i giornalisti attraverso il supporto ad alcune fondazioni di raccordo. Ma soprattuto cerchiamo di finanziare le idee nei luoghi in cui è più difficile produrre informazione indipendente. Non sempre, in alcune aree del mondo, è infatti possibile accolarsi le spese e i rischi di una sperimentazione nuova. Ecco, noi interveniamo per dare una mano in tal senso, soprattutto nel giornalismo d’indagine. Siamo vicini ad alcune start up o anche organizzazioni più mature».
Maggie O’Kane del Guardian ha ricordato che se in passato fare giornalismo costoso non era un problema per gli editori, oggi invece alcuni temi non sarebbero nemmeno trattati se non grazie all’apporto dei finanziatori. «Dai diritti delle minoranze, alla violenza sulle donne sino alle schiavitù del terzo millennio. Sono tutti temi che riusciamo a trattare in modo analitico e completo solo perché dietro di noi abbiamo il supporto di privati». La stessa ha poi lanciato un appello ai freelance affinché non disdegnino di occuparsi di questo aspetto “commerciale” della vicenza perché se uno ha una buona idea, troverà anche i soldi per realizzarla. Inoltre, un altro suggerimento è stato quello di lavorare in team e fare in modo che la propria proposta possa avere uno sviluppo in tipi diversi di media, come carta stampata e tv nello stesso momento.
Ludovic Blecher, direttore Digital News Initiative Google, ha sottolineato il ruolo di Google nel merito del tema in oggetto del dibattito. «Il nostro lavoro – ha detto – non è quello di finanziare direttamente i media ma di fornire gli strumenti migliori alle imprese che si occupano di informazione». Uno dei pilastri fondamentali, in questo senso, è quello dell’innovazione. Sinora sono stati finanziati 15 progetti provenienti da 7 paesi europei.
Claudio Staiti