#GNELAB, Nuovi giornalismi e uno sguardo oltre

Mercoledì 15 aprile presso l'hotel San Gallo, si è tenuto il panel discussion #GNELAB, nuovi giornalismi e uno sguardo...# oltre, moderato dal giornalista di Mediaset, Alfredo Macchi. Al centro della discussione c'è stata la presentazione di un nuovo progetto: Giornalisti nell'erba, definito dalla direttrice, Paola Bolaffio, come un  "tentativo di formare coscienze critiche, con la speranza che possano moltiplicarsi e disseminarsi ulteriormente".
Si propone un nuovo modo di raccontare, dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
Questa nuova realtà, "Giornalisti in erba", rappresenta una fucina di idee che possono svilupparsi sinergicamente con altri settori, nonché laboratorio di innovativo di formazione.
Come con il mondo dell'elettronica, Laura Marchini ha spiegato, infatti, che senza perdere il dato scientifico della sostenibilità c'è la necessità di far maturare le coscienze in tal senso, rendendo questa conoscenza fruibile a tutti.
David de Angelis, direttore artistico Giornalisti nell'erba, ha illustrato il progetto di iconografica, che nella prima fase di realizzazione, immagazzina dati complicati, come il BDS (bilancio di sostenibilità) per poi tradurli, sintetizzali e trasformarli in un gioco. Insomma, la gamification, l'espediente ludico, semplice e immediato.
Annalisa Persichetti, docente umbra, é stata la portavoce, in questo evento, di una proposta di legge per introdurre, attraverso la formazione dei docenti, la materia ambientale. Ha tenuto a specificare, per rendere l'idea fattibile dal punto di vista didattico, che non si tratta dell'introduzione di una nuova materia, ma l'implementazione di quelle già presenti con  le tematiche ambientali, insomma, facendo convergere il tutto nel POF.
Riuscire, in tal modo, a scardinare l'idea italiana di scuola di sola teoria, coniugando dottrina e pratica
Testimonianza toccante c'é stata con la psicologa Michela Sabetti che, sulla scorta delle sue esperienze nel progetto "oltre"con i detenuti, ha sottolineato l'importanza delle attività all'interno delle carceri, affinché la pena sia realmente rieducativa.
In modo provocatorio ha posto una domanda al pubblico:"ha senso mettere in garage un'automobile che investe due persone e farla circolare nuovamente in strada dopo vent'anni?".
Attraverso questa metafora, ha lanciato un messaggio che, se colto, potrebbe esser costruttivo per la comunità che vive sia dentro che fuori.
Nella piattaforma "oltre", dove lei supporta psicologicamente i detenuti, i giovani coinvolti possono inserire i loro pensieri, riuscendo a entrare, in questo modo, in contatto con i loro familiari ed essere riabilitati ai loro occhi. "Mi sono sentito libero", é stata una frase detta proprio da uno dei ragazzi protagonisti, espressione emblematica che sintetizza la splendida riuscita dell'iniziativa.
Intervento di rilievo e di chiusura é stato quello del giornalista Gaetano Savatteri che ha esordito spiegando la logica del carcere che tende a ridurre il detenuto "cosa tra le cose", come diceva Foucault, per cui la scrittura, si inserisce bellamente come strumento per portare "oltre" le sbarre. Può essere, addirittura, come luogo dell'identità, luogo cioè che consente di ridisegnarsi come persona, affrancandosi dalla macchia del proprio reato. A suffragio di questa teoria, ha raccontato un incontro/intervista con un detenuto che deve scontare il cd. ergastolo ostativo( fine pena mai), regime detentivo che differisce dal 41bis e non consente nemmeno benefici previsti della legge Gozzini. Questo detenuto, nonostante sappia di non dover più uscire, si è diplomato, si sta laureando in filosofia e, intanto, é autore di diversi libri.
Alla domanda del giornalista, a fronte della presa di coscienza del non poter più uscire , qual è stato il motivo che lo spingeva a studiare, lui ha risposto con una gran lezione sul senso dello studio.
Ovverosia: "i libri mi hanno salvato la vita, spesso ho sentito la voglia di legarmi alle lenzuola, ma sono riuscito a dirottare la mia angoscia o in qualcosa da leggere o da scrivere.Se, infatti, avessi imparato prima di commettere alcune azioni il vero senso della scrittura ai tempi dell'adolescenza, non avrei certamente fatto mio né il pregiudizio quale patrimonio culturale della famiglia di appartenenza, né il significato del rispetto nella visione distorta dei tipici ambienti mafiosi".
E' riuscito a cogliere, quindi, sia il senso della scrittura come azione sociale che quello della lettura come consapevolezza individuale.

Maria Rosaria Cardenuto