di Federico Badaloni - Articolo apparso qui e pubblicato su gentile concessione dell'autore.
"In today’s cross-channel ecologies, information is the medium.
The more we structure, the better we understand"
Peter Morville*, Intertwingled, information changes everything, 2014
“L'informazione è il medium”
Nell’universo digitale il mezzo tecnologico non determina più i caratteri strutturali della comunicazione. I caratteri strutturali sono insiti nella comunicazione stessa. L’informazione si è emancipata dai mezzi nei quali era costretta ad accadere. Essa nasce digitale, quindi si mostra -polimorfa- negli spazi e nei tempi diversi dei nostri devices.
Quando l’informazione nasce digitale, il suo medium sono le informazioni-sulle-informazioni, cioè le informazioni che descrivono i vari elementi di cui l’informazione stessa è costituita: qual è il titolo, dove esso comincia e dove finisce; qual è il sommario; quale il testo; chi è l’autore dell’informazione; quando essa è stata prodotta; quando è stata modificata per l’ultima volta; a quali altre informazioni è stata associata, eccetera, eccetera, eccetera. Tanti blocchetti che formano la “struttura” dell’informazione.
Addio McLuhan
Il medium non è più il messaggio. Il messaggio è dotato delle proprie ali, non ha più bisogno di altri mezzi per volare.
Controllare il medium non significa più controllare il messaggio.
E’ questa la rivoluzione digitale. E’ il collassare del medium sul messaggio che fa esplodere i processi di produzione, i business, i rapporti di forza fra i gruppi sociali che si erano costituiti nel mondo precedente.
“Più strutturiamo, meglio comprendiamo”
Se identifichiamo e descriviamo adeguatamente gli elementi strutturali di un’informazione, essi potranno essere riconosciuti, estratti e rappresentati in maniera corretta dalle logiche che regolano i vari sistemi destinati ad accoglierla.
Fra le meta-descrizioni c’è l’importanza relativa che l’autore ha attribuito a ogni elemento strutturale. “La gerarchia”, se vogliamo. Un dato fondamentale per adattare e presentare l’informazione a seconda dei contesti d’uso (schermi grandi, schermi piccoli, profili utente, syndications varie…) senza tradire il sensodell’informazione. Poiché il senso emerge quando cogliamo l’ordine in una relazione, sia a livello micro (si pensi ai suoni che si organizzano in accordo) che a livello macro (si pensi al modo in cui comprendiamo lo svolgimento di una sinfonia). Il senso è nelle meta-informazioni.
La polimorfia dell’informazione va progettata, non subita. E va progettata in funzione dell’intenzione comunicativa. Altrimenti la mutevolezza delle forme attraverso le quali un’informazione si manifesta diventa inevitabilmente una mutazione continua del significato.
Le ali costituite dalla trama sottile delle meta-informazioni consentono all’informazione di attraversare canali, contesti e spazi rimanendo fedele a se stessa. Anche diversi tempi. Perché solo una buona meta-informazione ci potrà aiutare a capire il senso, il contesto di un’informazione ad anni di distanza.
The value is in the meaning. Time after time
C’è qualcuno fra voi che lavora alla produzione di contenuti?
Ho una domanda semplice: vi occupate anche delle meta-informazioni di ciò che producete?
Se pensate che esse possano essere “generate dal sistema”, se pensate che il vostro lavoro riguardi la produzione di informazione per un medium specifico, se vi contentate di sfruttare il criterio implicito nell’occhio di chi osserva o nell’orecchio di chi sente per esprimere il senso di ciò che intendete comunicare, sappiate che state perdendo tempo.
State perdendo il tempo presente e il tempo futuro.
Perché di questi tempi il vostro lavoro non ha più senso.
*Peter Morville è uno dei padri dell’Architettura dell’Informazione
Il suo libro lo trovate qui