#IjfTalk Jillian York: Come le aziende di social media manipolano la realtà geo-politica

La prima session di #ijfTalk di questo sabato 18 aprile al Teatro della Sapienza ha avuto come protagonista Jillian York, responsabile per la libertà di espressione  all’Electronic Frontier Foundation, un'organizzazione internazionale non profit di avvocati e legali che si occupa della tutela dei diritti digitali e della libertà di parola nell'odierna era digitale.

La specialista americana ha parlato per quindici minuti del modo in cui le aziende di social media manipolano la nostra percezione della realtà geopolitica. « A scuola ci avevano insegnato che le mappe e i paesi fossero qualcosa che non cambiava, cioè che se un paese esisteva, sarebbe esistito per sempre, ma da allora le frontiere con cui siamo cresciuti sono cambiate un bel po’. Con l’avvento dei social media siamo riusciti a guardare dietro le quinte e a vedere come alcune comunità vedono la realtà geo-politica. »

Una realtà i cui confini sono sempre meno definiti, soprattutto se si considerano dei contesti sensibili. Il pubblico del Teatro della Sapienza ha appreso per esempio che Google non indica lo stato di appartenenza di aree “sensibili” e che Google Maps cambia le frontiere di alcune zone in base al paese in cui si accede al servizio: ecco quindi che se consultiamo la carta a Kiev i confini della Crimea saranno diversi da quelli visibili ai moscoviti. Ma la realtà geopolitica è anche influenzata dai rapporti che le stesse aziende di social media hanno con questi stati. Jillian York ha parlato per esempio del Sahara Occidentale: “Si tratta di un territorio conteso e non riconosciuto dall’ONU. Se siete Google e quindi non avete interessi in quell’area, allora lascerete una semplice linea tratteggiata senza alcuna indicazione d’appartenenza. Se invece siete Microsoft che ha una sede in Marocco, dovete rispettare le leggi di quello stato che rivendica l’appartenenza del Sahara Occidentale. Se lo cercate sulle mappe di Bing, questo territorio appartiene al Marocco”.

Manipolazioni e distorsioni che non riguardano solamente zone di conflitto di cui sentiamo abitualmente parlare. “Se ci sono francesi nella sala” – spiega York – “sapranno per esempio che anche il loro è un ‘country without tweet’ :  se qualcuno pubblica un tweet che parla male di quel paese, non sarà visibile da coloro che abitano in quel posto”.

Jillian ha poi concluso l’incontro con una riflessione che gli internauti dovrebbero sempre tenere a mente: “Questi spazi che pensiamo che siano pubblici, in realtà non lo sono.  Si tratta di aziende private che deformano il modo in cui  guardiamo quello che ci circonda. Per questo, quando utilizzate i servizi proposti da queste aziende pensate che la realtà non è quella che crediamo sia”.

Fabiana Liguori