La premessa necessaria è che tutti e tre gli ospiti – fatta eccezione per la moderatrice Francesca Caferri (La Repubblica) – conoscevano personalmente il Jamal Khashoggi: questo dice molto sulla statura del giornalista, ucciso il 2 ottobre 2018 nell'ambasciata saudita in Turchia.
L'incontro si apre con una panoramica sull'Arabia Saudita e sul nuovo principe ereditario Mohammad bin Salman, a cura di Margherita Stancati (Corrispondente in Medio Oriente per il Wall Street Journal). Nessuno in Arabia Saudita ha mai avuto la sua stessa quantità di potere: è stato catapultato in una posizione autorevole, quando suo padre è diventato re, ed è venuto meno il governo per consenso degli altri principi, il cui parere non viene più ascoltato. Con l'elezione di Trump alla Casa Bianca, poi, è giunto anche il riconoscimento da parte degli USA, che ha rinforzato ulteriormente il peso della regno saudita.
Forte di questa autorità, il principe ereditario ha sostenuto numerose iniziative volte al progresso del paese (ora le donne possono guidare, si sta superando la segregazione di genere, vengono promossi concerti musicali), ma questo ha comportato altrettante decisioni controverse, come l'arresto di religiosi conservatori, intellettuali, uomini d'affari. In un primo momento, queste risoluzioni sono state lette come contrasto alla corruzione o al fondamentalismo, poi qualcosa ha cominciato a scricchiolare e la notizia dell'uccisione di Khashoggi ha confermato i sospetti.
Ma qual è la ragione definitiva per cui è stato eliminato? Risponde Iyad el-Baghdadi (attivista e scrittore arabo): "La sua prima identità era quella di giornalista, ma portava avanti molte attività: consulente dei reali, imprenditore... si considerava un acceleratore, un facilitatore – sentiva di dover raccogliere un movimento che unisse gli uomini e le donne che, come lui, lavoravano dall'esterno. Apprezzava molto le funzionalità di Twitter (aveva 1,6 mln di follower), perché permette di rappresentare la sfera pubblica meglio di giornali e televisione".
"Era un giornalista era molto conosciuto, tutti si rivolgevano a lui per avere informazioni sull'Arabia Saudita - giornalisti, senatori, imprenditori...": Bobby Ghosh (editorialista per Bloomberg) spiega che il fatto che l'omicidio sia avvenuto in Turchia, così come la mancata presa di distanze della Casa Bianca, hanno acceso ulteriormente i riflettori su quanto accaduto. Anche le minacce e il caso di hackeraggio-ricatto subiti da Jeff Besos (proprietario di Amazon e editore del Washington Post) per non aver interferito nelle inchieste del suo giornale, gettano un'ombra sulla politica dello stato saudita. L'Arabia Saudita di oggi è senza dubbio un paese più moderno, ma altrettanto controverso, dove la concessione di maggiori libertà sociali ha comportato meno spazio per il dibattito pubblico e una minore trasparenza nelle decisioni e nelle azioni della stessa casa reale.
Rebecca Mellano - volontaria press office IJF19