Il naufragio del Giglio e la sua rappresentazione sui media

Nella notte del 13 gennaio 2012, la nave da crociera Costa Concordia della compagnia di navigazione genovese Costa Crociere, a causa di un eccessivo avvicinamento alla costa toscana presso l’isola del Giglio, è stata la nave passeggeri dal più grosso tonnellaggio a naufragare. Un naufragio parziale la cui dinamica ha permesso di salvare una tragedia dalla catastrofe. Il drammatico bilancio è stato di 30 morti e 2 dispersi.

La trattazione mediatica che si è sviluppata nei mesi successivi, è stata caratterizzata da un effetto di spettacolarizzazione della notizia, “inevitabile anche per il soggetto, la spettacolarità della nave”, secondo Tonia Cartolano di Sky tg24. La portata mondiale dell’incidente, oltre al sensazionalismo con cui è stato trattato l’argomento, avrebbe prodotto inoltre un vero e proprio “effetto reality” anche per quel che riguarda le testimonianze, impostate talvolta con toni da attori. In questo hanno giocato un ruolo determinante i sociale news. L’onda mediatica che ha investito le informazioni, hanno poi provocato una continua rielaborazione dei contenuti editoriali alla ricerca di continui scoop. “Per un caso così grande porti di tutto, perché tutto fa storia”, continua la giornalista di Sky tg24. Con la copiosa abbondanza di notizie, il lavoro di arricchimento senza selezione avrebbe sostituito il lavoro di approfondimento circumnavigando successivamente l’effettiva notizia.

Un lavoro di rielaborazione essenziale dei fatti a cui ha provveduto il documentario “Concordia: c’ero anch’io” prodotto da National Geographic, la cui proiezione ha chiuso l’incontro. “Ogni turista registra le immagini dei propri viaggi. Ma in questo caso le notizie sconvolgono il mondo”. Un video le cui interviste danno voce al disastro.

Mario Paciolla