Internet e politica. Consenso e rappresentanza nell’epoca digitale (2)

Qual è il rapporto tra internet e politica? Come e quanto l’avvento di internet ha modificato il modo di fare politica?
Queste le domande iniziali e il punto di partenza della Panel Discussion che ha avuto luogo nella suggestiva location della Sala dei Notari. Protagonisti dell’incontro, coordinato da Anna Masera, social media editor de La Stampa, Kevin Bleyer, autore dei discorsi di Barack Obama, intervenuto all’evento in diretta skype dagli Stati Uniti, Aron Pilhofer, direttore delle interactive news per The New York Times, Marco Patuano, amministratore delegato Telecom Italia, e Beppe Severgnini, giornalista del Corriere della Sera. L’incontro ha permesso di tratteggiare un quadro della situazione in Italia e negli Stati Uniti. A partire dalla presidenza Obama del 2008, la politica statunitense ha fatto un largo ricorso alle potenzialità della rete. La campagna Obama è stata gestita in gran parte ricorrendo a tecnologie open source e il database di supporters on-line del 2008 e del 2012 è stato il punto di partenza per la creazione di una vera e propria organizzazione.
Tuttavia, sebbene la politica ricorra in misura sempre maggiore a internet, al momento “la politica è tutt’altro che elettronica”, come sottolineato da Aron Pilhofer. Questa conclusione trova un riscontro ancora maggiore se si prende in considerazione la situazione in Italia, dove solo il 13-17% della popolazione utilizza twitter e il 50-60% utilizza facebook.  Seppure in gradi diversi tra Italia e Stati Uniti, Paese in cui il divario tecnologico non appare così avanzato, twitter continua comunque a rappresentare solo una parte dell’elettorato.
Inoltre l’uso dei social media risulta quasi del tutto inesistente nell’ambito della politica locale.
Internet sembra non avere ancora la possibilità di influenzare la politica: questa una delle prime conclusioni del confronto internazionale.
Il punto della questione, tuttavia, non è solo rappresentato dal cosiddetto divario tecnologico, risolvibile con il ricorso alle reti mobili, ma anche dal divario culturale, come evidenziato da Marco Patuano. Esiste una certa resistenza culturale all’uso di internet, non direttamente legata alle reali possibilità date dalla tecnologia.
L’incontro è stato anche un’interessante occasione per fare il punto della situazione sul divario tecnologico-culturale all’interno delle stesse redazioni giornalistiche. In molte realtà editoriali non esiste una reale comprensione dei social media e non c’è spazio per un’analisi più approfondita e sofisticata dei dati. Tale stato di cose è però determinato anche da una mancanza di volontà e una certa resistenza all’uso dei social media nell’ambito delle stesse redazioni.
Si è discusso inoltre anche del ruolo del giornalista, di fatto esautorato in qualche modo del suo compito in seguito al rapporto diretto tra politica ed elettori reso possibile dai social media, ma anche dei rischi che questo rapporto diretto, senza mediazioni e filtri, pone alla stessa politica.

Simona Trudu