Intervista a Nichi Vendola

C’era grande attesa a Perugia per l’incontro con il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola. Al teatro Morlacchi il governatore pugliese si presenta però con un’ora di ritardo. Neo che si perdona alle primedonne, della politica in questo caso. E Nichi lo è. Un po’ primadonna, un po’ rockstar: un’icona pop che, a giudicare dal pubblico, affascina trasversalmente donne e uomini, giovani e anziani, radical chic e addetti ai lavori. Vendola rompe gli schemi, e gli si concede tutto.

Nichi una volta sul palco si scusa con il pubblico, a modo suo: “se fossi un dirigente in odore di P2 o di camorra la digos mi avrebbe scortato fin qua, anziché farmi perdere 40 minuti in giro per Perugia”.

Ad intervistarlo c’è il giornalista del Corriere della Sera Vittorio Zincone. L’incontro si apre con il ricordo di Vittorio Arrigoni e l’applauso caloroso del pubblico: “La storia di Vittorio è la storia di una persona che ha vissuto per i diritti di un altro popolo, di una persona che era affianco della Palestina ed è morto per quel popolo”,  dichiara Vendola. “Tutt’altra vita rispetto alla sporcizia alla quale siamo abituati”, sottolineando che “la verità personale non può nascere dal sangue versato”, con chiaro riferimento ai fondamentalisti.

Di fronte alla platea del Festival del Giornalismo internazionale è inevitabile un commento sulla situazione del giornalismo in Italia: “Oggi le redazioni sono dei luoghi in cui non ci sono dei collettivi ma una collazione di foto, video e comunicati. E questo rischia di polverizzare il lavoro giornalistico. Questo magma indistinto della sua collocazione produttiva lo rende precario, ogni lavoratore precario è ricattato per il proprio percorso, ma un giornalista precario oltre ad esserlo sul lavoro lo è anche nella qualità. Per questo la precarietà del giornalismo è un attentato”.

Problema che, per Vendola, parte dall’alto: “In Italia non ci sono più gli editori, dove sono gli editori? Sono tutti pezzi importanti di un sistema economico: palazzinari, banchieri, nel ciclo dei rifiuti. La libertà che dovrebbe essere una bandiera del giornalismo viene meno e rischia di creare un corto circuito terribile. Possiamo sostenere che in questo Paese c’è una scarsa libertà editoriale, e questo limita anche la possibilità di combattere il berlusconismo”.

Zincone impone ritmi e domande incalzanti, con l’immediato salto nell’Italia berlusconizzata, e Vendola si accende: “Bisogna lavorare a teorizzare laicamente la sacralità della vita del nemico, io vorrei sconfiggerlo culturalmente, politicamente. Non calpestandolo fisicamente. Per lasciarci alle spalle Berlusconi dobbiamo capire il berlusconismo, che adesso è come una pulsione permanente, un rancore verso un’orizzonte più cupo. E’ importante capire come è nata la macchina berlusconiana e come ha fatto ad entrare nelle viscere dell’Italia. Il berlusconismo non è una malattia, ma un’autobiografia di questo Paese. E in questo una parte della sinistra si è berlusconizzata”.

“Sul bunga bunga a me hanno colpito le telefonate dei genitori che incoraggiano le figlie a vendersi al re, c’è una sorta di corto circuito morale. Per questo è molto più lungo il lavoro che dobbiamo fare per risollevare il Paese: non basta sconfiggere Berlusconi alle elezioni, dobbiamo schiantare il berlusconismo dalla terra Italia”.

L’intervista vira poi su tematiche concrete, sul futuro del centrosinistra e dell’Italia.

Quando Zincone gli chiede della proposta di Pisanu e Veltroni sul governo di “decantazione” dell’Italia putrefatta, Vendola non ha dubbi: “Ci si deve concentrare sulla vera agenda politica, sulla proposta di Veltroni e Pisanu io non commento, è una mossa di palazzo, io vorrei discutere di Fukushima e del Mediterraneo, di cose reali su cui poter piantare la bandiera dell’alternativa”.

Zincone chiede al governatore un giudizio sulla “politica di palazzo”, che Vendola diventa un assist: “Io lo dico che sul piano politico il 12 giugno noi possiamo dare una scossa elettrica a questo palazzo, con un popolo che vota contro nucleare, acqua privata e legittimo impedimento. Quella politica puzza di morte, io voglio una politica che profumi di vita. La politica non è mettersi d’accordo con Bersani, Di Pietro, e Ferrero: la politica è parlare di tematiche di vita quotidiana, lavoro, ambiente eccetera”.

Ma sul tema lavoro l’obiettivo di Vendola è Marchionne. “Uno che si considera e viene considerato un massimo esponente della modernità d’impresa. Ma Marchionne è un prototipo di esponente di un mondo arcaico: perché le sue proposte sono superate. Marchionne non produce auto ecologiche, ma punta sui Suv. Ma la modernità non si era detto che era mobilità sostenibile e riduzione dell’inquinamento? La modernità non è mai liberare l’uomo dalla fatica del peso del lavoro?

Il riformismo adesso è diventato un’altra cosa rispetto al passato. Oggi in Europa dobbiamo parlare di diritto al reddito. E l’Italia, con la Grecia, è l’unica che abbandona alle sabbie mobili le giovani generazioni”.

Alla domanda su una ipotetica riforma vendoliana del welfare il leader di Sel propone la propria ricetta: “Io propongo di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie perché attualmente in Italia è più bassa di altri paesi e tutto il peso fiscale (il 95%) è sulle spalle di chi ha meno di 25mila euro all’anno di reddito, quindi questo è un Paese che ridistribuisce la ricchezza da mondo capovolto. Come si ridistribuisce la ricchezza, il valore dei beni comuni: discutiamo di queste cose, e soprattutto smettiamo di credere in santuari della tecnocrazia che decidono per tutti non conoscendone la realtà”.

Sul nucleare, ad esempio, “ho la forza di dire che i signori di una lobby ben protetta ci hanno preso in giro per anni, un po’ come Chicco Testa che da ambientalista convinto e organizzatore del referendum antinucleare del 1987 adesso è passato dall’altra parte. Sul nucleare ci hanno dato informazioni fasulle: questi calcoli probabilistici sui rischi sono un po’ cialtroneschi. Come dimostrano Fukushima, Three men Island e Chernobyl. Tutti devono avere l’onestà e l’umiltà del dubbio di fronte a tragedia come questa.

Zincone riporta quindi al centro del discorso il tema del lavoro, e Vendola propone un new deal per l’Italia, e l’abolizione della legge 30: “Il punto è come si costruisce il lavoro. Perché se riproponiamo sempre gli stessi modelli lessi vendiamo miseria. C’è bisogno di un piano straordinario del lavoro in Italia: piano idrogeologico, una ricostruzione delle infrastrutture fatiscenti, un new deal del Paese”. “Io, appena entro a palazzo Chigi, abolisco la legge 30.

La sinistra purtroppo ha fatto alcuni giri di valzer sul lavoro: io voglio la flessibilità. Ma quando si tratta di profili di lavoro molto elevati e in un Paese in cui vi sia un tasso di disoccupazione zero”.

Vittorio Zincone prova quindi a pungere il governatore sulla questione sanità in Puglia.

“Dopo la notizia del’iscrizione nel registro degli indagati del mio assessore dopo 3 ore è uscita la notizia delle dimissioni dello stesso assessore. La sua nomina nel 2005 è stata un errore, ma io più di chiedere scusa e ammettere di aver sbagliato a fare quella nomina non posso fare. Ma a Formigoni le domande non le fa mai nessuno?” chiede polemicamente il governatore al giornalista. “Formigoni ha dichiarato che Prosperini era il nuovo Enzo Tortora”.

A Perugia si è visto il solito Nichi Vendola, sicuro di sé e in sintonia con il pubblico nonostante la chiusura senza le domande a causa degli altri incontri incombenti: perché Vendola è già in campagna elettorale.

Alessandro Ingegno