Italia a tavola: global o local? Il giornalismo enogastronomico fra km zero e cucine del mondo.

Ci troviamo in un momento di snodo della gastronomia italiana. E il Festival del giornalismo anche quest’anno ha voluto organizzare un panel per parlarne.

Bisogna rifiutare aprioristicamente i sapori in arrivo dal resto del mondo o questo “relativismo” enogastronomico potrebbe penalizzare le nostre eccellenze?

Queste le domande a cui hanno risposto gli ospiti: Giacomo Rench, autore, regista e imprenditore; Stefano Cimicchi, amministratore unico Agenzia Provincia Turistica Umbria; Marco Bianchi, giornalista e autore e Vittorio Castellani, in arte Chef Kumalè.

A moderare il dibattito Bruno Gambacorta di Eat parade, tg2.

La storia dell’enogastronomia è una storia fatta di scambi e incontri. Una storia dinamica.

Bisogna incentivare un cambiamento radicale negli stili di consumo.

La nostra alimentazione sta cambiando tanto. Tesi diametralmente opposte si susseguono. C’è chi sostiene un esasperato sciovinismo gastronomico, chi invece è pronto ad abbandonare le tradizioni per provarne esclusivamente di nuove.

Mai come in questo contesto si cerca di ribadire che in medio stat virtus.

Siamo autosufficienti, ma molti prodotti che crediamo autoctoni non lo sono affatto.

Si assiste a una decadenza del gusto generale. Si pretende ad esempio di avere le fragole a dicembre.

Marco Bianchi, autore di libri di enogastronomia e ricercatore di biochimica molecolare lancia un chiaro messaggio: bisogna conoscere le funzionalità delle molecole contenute negli alimenti. Molte volte mangiamo alimenti giusti, ma in dosi sbagliate. Un errore questo che può costare molto. E i media possono e devono aiutare questa svolta di tendenza.

Irene Macaione