Qual è il tema della serata? La libertà d’espressione, come la presentatrice Maria Latella afferma in apertura. Il setting è affascinante, l’amatissimo Teatro Morlacchi di Perugia; gli ospiti, Al Gore e Roberto Saviano, personaggi autorevolissimi del mondo dell’informazione e, della lotta per la giustizia, ciascuno a suo modo. Ma il tema della serata sovrasta tutto e tutti.
Dopo una breve clip estratta dal recente programma di Current Tv, “Saviano racconta Saviano”, lo scrittore è accolto da un pubblico incontenibile, da mandare in tilt ogni applausometro. La standing ovation la dice lunga sulla stima e sull’affetto che suscita in noi italiani quest’uomo; “una di quelle persone che un Paese deve augurarsi di avere”, lo definisce Latella. E racconta della sua nuova vita, accanto ai sette uomini della scorta; delle lunghe ore costretto a trascorrere in auto blindata, dove, non potendo fare altro, si trova costretto perfino a sognare. La gente lo ammira, e lui se ne sente onorato, ringrazia quanti sono voluti essere presenti, in sala e fuori, davanti al maxischermo. Il suo sorriso è una sorta di smorfia felice, quasi che il suo status attuale gli impedisse fisicamente di con-formarsi alla felicità.
Fa un breve cenno alle critiche da parte di Berlusconi al suo presunto atteggiamento di propaganda alle mafie. E’ estremamente amareggiato di essere stato considerato un “fiancheggiatore”; “le accuse che mi vengono rivolte adesso – dice - non sono esclusiva del governo di centro-destra; quando in Campania era al potere il centro-sinistra era lo stesso”. E sente il bisogno di ricordare i caduti delle guerre mafiose: persone come Fava, Siani, d. Diana, che nonostante il loro impegno, non solo sono stati uccisi, ma pure diffamati. Mostra un video del discorso di Borsellino dopo la morte di Falcone, riflettendo, di seguito, sulle sue parole e sull’importanza del movimento culturale e morale, che aldilà della semplice “repressione poliziesca”, smuove le coscienze dell’opinione pubblica e concorre, in altissima percentuale, a sconfiggere le mafie. Parla del nuovo ruolo delle organizzazioni criminose nei mercati economici, ben lontano dall’immaginario che fa capo ad Al Capone, e dell’ingerenza elettorale, un’ignominia che svuota il concetto di democrazia e che, senza che ce ne rendiamo conto, ci toglie molto più di quanto, illegalmente, ci prometta. “Ci hanno tolto parole come uomo d’onore, famiglia, amico: è ora di riprendercele”. Chiude il primo intervento con l’immagine di un uomo che, in apnea in fondo al mare, a un passo dalla morte, comprende chi l’ha davvero amato; segno che “per vedere quello che in realtà già sappiamo e interrompere il meccanismo del già predeterminato dobbiamo scendere fino in fondo”.
La presentatrice rimarca sulla questione delle elezioni, e fa notare come, per una coincidenza fortuita, quello stesso giorno fossero state sequestrate delle schede elettorali a Casal di Principe; un aggancio perfetto alla controversa vicenda delle presidenziali Gore-Bush in Florida e all’introduzione in sala, a seguito di un secondo video su Current, dell’ospite d’onore.
Ringraziamenti alle autorità, a Sky Italia e ai membri dello staff di Current, oltre che a tutto il pubblico. Un rituale che conosciamo, e a volte riconosciamo come abitudinario; ma quanta distinta fierezza, nelle sue parole, quanta consapevolezza nel pronunciare “tremendous respect”, rivolto al suo emerito coprotagonista. “Voglio parlare del futuro del giornalismo”, e nel dire questo lascia la sua postazione e si fa più avanti, verso il limite del palco (l’assetto richiama il suo film-documentario “Una scomoda verità”): lui che sa cosa comporta fare informazione indipendente – ed è quanto gli sta seriamente più a cuore – insiste sulla necessità di riformare il “business model” sul cui si basa il giornalismo, di adattarsi alla domanda di infotainment (information + entertainment) che è ormai divenuta connaturata all’utente del mondo globalizzato, sfruttando l’immensa opportunità che Internet dà di ripristinare la “two-way-communication”, prima inibita dalla televisione, e, anzi, di ampliarne il raggio, rendendola multidirezionale. Una battuta in stile domanda retorica, tratta dal mondo sportivo (“Che muscoli si sviluppano guardando la TV? Se almeno si giocasse a tennis, o si andasse a correre!”) rivela gli strascichi delle sue tecniche politico-elettorali di comunicazione; il pubblico, comunque, ne rimane entusiasta, si fa una risata e parte l’applauso.
Le dolenti note: parlando di libertà d’espressione e informazione indipendente, il premio Nobel per la Pace non poteva non guardare con onestà intellettuale il panorama giornalistico italiano – pur con tutto il rispetto che ha voluto sottolineare – dove molti giornalisti “have been compromized”. Cita Michele Santoro, Milena Gabanella, Enzo Biagi, presentando la sua Tv come possibile convoglio di tutta quell’informazione altrove censurata. Infine un breve girato di Vanguard, la sessione Current delle inchieste, e un cenno al ruolo della pubblicità per garantire un sostegno adeguato all’informazione di qualità; chiude il suo intervento dicendo: “Io credo in tutto questo e nel futuro della democrazia italiana”.
Ore 22.05. Inizia la “question-and-answer session”.
Latella interroga Saviano sull’importanza della divulgazione mediatica. “Non potrei esistere senza”, afferma. Non è quello che dice, a far paura, ma il personaggio che si è creato, capace di arrivare alla gente, e sensibilizzare l’opinione pubblica.
La settimana scorsa, Maria Latella era a Nashville, Tennessee, per intervistare l’ex vice-presidente. In quell’occasione, egli sostenne che la TV fosse in grado di condizionare fortemente le opinioni politiche, più dello stesso mezzo Internet. Ora lei gli domanda di spiegare come avviene questo condizionamento. Risposta: molto dipende dal target televisivo, oggi in particolare la fascia over 60, più inclini a lasciarsi infarcire di informazioni rispetto ai giovani, che, piuttosto, ricercano una verità più attendibile attraverso le nuove tecnologie. E la campagna Obama ne è stata l’evidente dimostrazione. “E’ comunque in atto un grosso cambiamento”.
Inevitabile il cenno alle ultime indiscrezioni politiche su Saviano. Sta per nascere un leader della sinistra? Parrebbe di no, anche se la virtuale candidatura lo lusinga. Ciò che più lo rammarica, invece, è il fatto che in Italia fare politica è sempre subordinato all’idea di ambizione di soldi e di potere, raramente a quella di fare bene il proprio mestiere. E se non si cambia metodo, ci saranno sempre gli stessi politici, con lo stesso modo di pensare. Diversamente dagli Stati Uniti. E diversamente dai tempi d’oro della Repubblica Partenopea, la cui Costituzione prevedeva il diritto per ogni napoletano di vedere il mare (Saviano lo definisce un arcaico escamotage per fermare l’abusivismo) e il diritto di ribellarsi, se il regime non gli avesse consentito di realizzare la propria felicità. Taglia corto, dicendo: “Non sta a me stabilire i termini politici di questa ribellione; perché io mi occupo di letteratura”. Ma anche tenendosi al di fuori dell’attivismo politico, non rinuncia a denunciare la sterilità di certo giornalismo politico, invocando il ritorno delle “storie”, al posto dell’ossessiva sequela dei commenti istituzionali.
Latella lancia una provocazione ad Al Gore, chiedendogli se c’è in programma di estendere l’esperimento democratico di Current anche in Paesi antidemocratici come la Cina. Gore annuncia che la settimana prossima andrà a Johannesburg per pubblicizzare Current, ma ammette che, nonostante i cambiamenti apportati anche in Paesi come Iran, Russia e Cina dalla rivoluzione tecnologica, li ritiene territori ancora off-limits per la libera informazione.
Per pareggiare in conti, ora anche una provocazione per Saviano. E se fosse nato scrittore in Cina, o in Russia? “Immaginario da terrore, stasera: prima esponente politico in Italia, ora letterato in ambienti dittatoriali”, risponde lui. Lo humor contagia anche Gore: “Anch’io ho iniziato la mia carriera da giornalista, per sette anni. Se l’ho fatto io, puoi farlo anche tu”. Del resto, Saviano si dichiara onorato di essere preso a riferimento da autori stranieri, che non possono pubblicare le loro storie e gliele inviano per mail, o semplicemente cercano uno scambio di esperienze con lui, come la Sanchez. “Per una volta l’Italia non appare come un Paese da cui fuggire, ma come la possibilità di fare da megafono a voci inascoltate”.
In chiusa, si riprende il tema delle elezioni, passando dal focus sui “voti comprati” in sede regionale, alle dinamiche politiche del Senato americano, per finire con una menzione al corrente dibattito dei candidati inglesi – su cui Gore preferisce non rivelare la sua posizione.
Ad entrambi gli ospiti viene infine rivolta una domanda dal pubblico di Current:
“E’ giusto pagare per l’informazione?”. Secca la risposta del Premio Nobel: “Perché l’informazione sia di qualità, i giornalisti devono essere pagati”.
Silvia Ruggiero