Assalto alla rete, è il documentario realizzato da Silvia Resta e Armando Sommajoulo, proiettato oggi, mercoledì 21 aprile, nell’ambito del ciclo di incontri dedicati alle scuole a cura dell’Associazione Ilaria Alpi.
Il video racconta le storie di migranti che da tutta l'Africa cercano di scavalcare l'ennesimo muro costruito per dividere popoli e culture e meriterebbe di essere visto da molte più persone di quelle presenti nella Sala delle partecipazioni di Palazzo Cesaroni.
Il muro è quello che circonda Ceuta e Malilla, enclavi spagnole in territorio marocchino, vero e proprio miraggio per migliaia di uomini in fuga da povertà e persecuzione politica. Vengono dal Ghana, dal Mali, dalla Guinea, affrontano viaggi di mesi, in alcuni casi di anni, per provare a scavalcare quella doppia linea di filo spinato che li separa dall'Europa e dalla speranza di una vita migliore. Nel documentario si parla di più di 16.000 persone che ogni anno tentano di scavalcare. La risposta delle autorità, sia spagnole che marocchine, sono reti sempre più alte, fili spinati sempre più taglienti: nel mezzo un corridoio in cui alcuni migranti rimangono intrappolati, troppo stretto per far passare un'ambulanza che li possa soccorrere. E i risultati si vedono in "Assalto alla rete": decine di morti ogni anno, a causa di ferite, cadute e anche a causa delle pallottole di plastica sparate a distanza ravvicinata dalle polizie dei due stati. Non solo: sono centinaia i feriti, che si tagliano mani, braccia e gambe mentre scavalcano. Solo una parte di loro riesce a passare.
La proiezione fa parte di un ciclo di incontri organizzato dall'Associazione Ilaria Alpi e il documentario viene dall'Archivio del premio dedicato alla giornalista scomparsa. "Abbiamo sposato e premiato la causa del giornalismo d'inchiesta", spiega Angela de Rubeis, responsabile dell'Associazione. E il documentario trasmesso per la prima volta da La7 si distingue per la capacità di approfondire un fenomeno che cresce sempre più, la telecamera accompagna l'avventura di questi migranti, li va a cercare nei boschi marocchini in cui si nascondono in attesa di tentare l'assalto al muro, li segue fin sotto la rete di ferro, li ritrova poi, ma solo alcuni di loro, nei centri di permanenza temporanea allestiti in territorio spagnolo.
Ma cosa aspetta coloro che riescono a penetrare in queste enclavi d'oltremare, residui di un passato coloniale? I migranti, arrivati dall'Africa subsahariana ma anche dall'Asia centrale, vengono messi in questi Centri gestiti dal governo spagnolo, in cui vengono curati e trattenuti per mesi, in alcuni casi anni. Qui, ben diversamente che nei centri italiani, le porte sono aperte, i migranti possono andare in città liberamente, cercare di tirar su qualche soldo. La speranza per tutti è riuscire a fare l'ultimo passo: venir mandati in un Centro della Spagna continentale. A quel punto verrebbero trattenuti per altri quaranta giorni e poi rilasciati con un foglio di via che nessuna polizia è in grado di far rispettare.
A quel punto, per i migranti, comincia l'avventura in Europa, luogo di diritti civili e di lavoro nelle attese, luogo che nelle realtà spesso tradisce i sogni di questi uomini e donne.
Matteo Acmè
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