Possono gli accordi stipulati tra Italia e Libia e tra la stessa Europa e la Libia per il controllo dei flussi migratori dall’Africa non tenere conto di quanto in realtà accade durante le lunghe traversate che conducono nel nostro Paese?
Guardando il video-documentario “Come un uomo sulla terra” realizzato da Andrea Segre, Riccardo Biadene e Dagmawi Yimer e presentato oggi 22 Aprile presso Palazzo Cesaroni, in occasione della IV edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, è evidente come non soltanto la classe politica italiana è ignara delle tragiche disavventure degli immigrati, ma anche gli stessi cittadini italiani si trovano di fronte ad una realtà completamente inimmaginabile.
Il regista del film, Dagmawi Yimer, studiava Giurisprudenza in Etiopia, ma a causa di una forte repressione politica ha lasciato il proprio paese nel 2005, ha attraversato il deserto via terra tra Sudan e Libia e dopo essere sopravvissuto alla “trappola” libica è riuscito ad arrivare in Italia, a Roma, dove ha imparato l’italiano e il linguaggio del video-documentario. Dagmawi Yimer ha deciso così di raccogliere le testimonianze di chi, come lui, ha affrontato quel terribile viaggio. Dalle vicende narrate ne è emerso un vero e proprio inferno: violenze, continue minacce, abusi sulle donne, sopraffazioni e tutto questo non solo da parte dei contrabbandieri che gestiscono il traffico verso il Mediterraneo, ma soprattutto dalla polizia libica responsabile, anche, di indiscriminati arresti e disumane deportazioni oltre che di complicità con i trafficanti sudanesi. Dagmawi Yimer, durante la presentazione del suo documentario, ha voluto sottolineare le ragioni che lo hanno spinto a realizzarlo e cioè non per avere pietà ma solo per chi questi drammi li vive ancora e come ha sostenuto Riccardo Staglianò (La Repubblica), autore del libro “Grazie. Ecco perché senza gli immigrati saremmo perduti”, presentato subito dopo il video-documentario, è importante che gli italiani si facciano un esame di coscienza su quanto accade e sull’importanza della quotidiana presenza degli stessi immigrati nel nostro paese; dalle badanti ai pescatori tunisini di Mazara del Vallo ai camionisti rumeni a chi lavora in campagna e così via.
Un documentario di denuncia, dunque, che trova molte difficoltà ad essere distribuito proprio perché non nasconde le responsabilità dell’Italia e dell’Europa che non possono più restare in silenzio.
Maria Rosaria Miglietta