Dietro le quinte del reportage

Oggi pomeriggio nella sala dei Notari di Perugia Alfredo Macchi, inviato di Mediaset, ha tenuto il workshop “Il dietro le quinte del reportage”. Ha dato una veloce ma intensa pennellata sulle caratteristiche di quella che lui definisce “la più bella pagina del giornalismo: il reportage”. Cosa contraddistingue questo genere di racconto? “Si differenzia dagli altri per la capacità che deve avere il giornalista di riportare con i propri occhi ciò che vede nel luogo dove va”.

Durante la lezione viene fatta una distinzione tra i formati del reportage: da quello scritto a quello cinematografico, da quello televisivo a quello fotografico, tutti accomunati dal rispetto delle regole delle 5 w. Macchi si sofferma più sugli ultimi due tipi. I reportage fotografici e televisivi devono avere uno sviluppo narrativo come fossero articoli di giornale: con attacco, sviluppo della storia e conclusione. Il report televisivo deve avere immagini forti che, per non annoiare, devono essere montate in modo ritmato. Al ritmo si deve però affiancare un contenuto interessante, semplice e chiaro. La bravura del reporter sta anche nell’andare nel cuore della vicenda senza scadere in frasi scontate.

Il reportage ormai è accessibile a tutti perché “le tecnologie ci vengono incontro: basta essere muniti di una videocamera e un basico programma di montaggio e si può realizzare un report“. Ma qual è l’argomento che può attirare l’attenzione per un progetto? “Gli spunti e le idee si possono trovare anche vicino casa, senza per forza dover sconfinare nell’altrove. L’essenziale sono la qualità delle interviste e non la quantità; il punto di vista personale del giornalista e non la moda del momento.

Macchi dà anche dei consigli tecnici su come usare la luce; la musica, che deve essere basilare ma non casuale, i camera card e gli stand up, ossia i filmati degli spostamenti tra un luogo all’altro e i momenti in cui il reporter compare nel racconto.

Alla proiezione delle foto scattate in scenari di guerra - in cui Macchi lavora da sempre conoscendo oramai il prezzo del rischio - è seguita quella del suo documentario “Morire per vivere”, vincitore del premio Ilaria Alpi 2009. Poche le parole ma tante le immagini significative, nude e crude, sul dramma dei ragazzi che scappano dalla Grecia per trovare rifugio qui in Italia, dove spesso ad aspettarli c’è invece una polizia che li picchia per poi mandarli indietro nel loro Paese. “Il compito dei giornalisti è delicato dato che si va incontro a storie di miseria, emarginazione, violenza e in alcuni casi anche denuncia“, conclude Macchi.

Le varie domande poste al relatore del workshop portano su strada: “il compito del giornalista non è quello di cambiare il mondo ma di raccontarlo seguendo quanto più è possibile la realtà dei fatti“.

Stefania Oliveri
Ilaria Biancacci

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