Ferpi, 40 anni tra comunicazione e informazione

Un début ricco di quesiti sul mondo dell’informazione e della comunicazione, sullo stato dei rapporti tra comunicatori e giornalisti e sul futuro dominato dai new media, ha caratterizzato il dibattito proposto dalla Federazione Relazioni Pubbliche Italiane (Ferpi) il 23 aprile nel corso del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

A porli, il suo Presidente Gianluca Comin che ha moderato l’incontro in Sala delle Colonne, nella Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, tra Giuliano Giubilei, Vicedirettore Tg3, Renato Vichi, Responsabile Media Relation Italia Unicredit e Alessandra Arachi, giornalista del Corriere della Sera.

Per sottolineare il cambiamento e l’evoluzione della professione, Comin ricorre ai numeri: dai 189 iscritti alla Ferpi 40 anni fa, ai circa mille associati di oggi.

Il punto critico subito affrontato è la commistione tra il mestiere del giornalista e quello del comunicatore a cui il complesso sistema mediatico dei nostri giorni sta portando.

Secondo Giubilei esiste un vero e proprio interscambio dei ruoli: sempre più il comunicatore diviene giornalista e viceversa.

Tendenza che va invertita, secondo Vichi, che sostiene come questo sia un meccanismo sbagliato.

“Oggi il comunicatore – afferma nel suo intervento – è un professionista che sa leggere gli scenari e li sa trasmettere all’interno dell’azienda. Uno dei suoi compiti più difficili è confrontarsi e saper gestire le aspettative in azienda e fuori”.

Lo sforzo che andrebbe fatto, prosegue Vichi, è “ripensare alle ideologie dei propri ruoli anche per le future generazioni perché va fatta una formazione appropriata”.

La Arachi interviene proponendo il termine “identità”: “Per migliorare la reputazione e differenziarsi bisogna recuperare la propria identità”.

Sono proprio la reputazione e la credibilità a contare in questi due mestieri, due facce della stessa medaglia.

“L’onestà intellettuale è alla base della nostra professione – spiega Giubilei – e questa si dimostra solo con il tempo”. Una conquista difficile soprattutto per i giornalisti che spesso divengono loro stessi “vittime” di un’informazione confusa e incoerente che circola tra il pubblico.

Il pubblico, appunto. Il vero referente, a cui bisogna fornire giuste e coerenti informazioni per decifrare la realtà, anche in un momento storico come il nostro, in cui si vive, secondo Vichi, un “senso di inadeguatezza”.

La soluzione? Ritrovare la capacità di raccontare storie, quelle storie che negli anni ’60, ’70 e ’80 hanno vivacizzato la vita di aziende e giornali.

Valeria Fornarelli

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