Il circo politico mediatico

Nel pieno del caos politico di questi giorni, il Festival si interroga sul ruolo dell'informazione nel “circo politico-mediatico” che in poco più di “3km quadrati” tra Camera, Senato e palazzi  romani detta le linee della politica nell'informazione italiana. Un rapporto, quello tra giornalismo e politica sempre più sulla borderline fra l'informazione e l'assoggettazione politica.

A rispondere al non facile quesito ci hanno provato il giornalista americano Achtner Wolfgang, il direttore scientifico della fondazione Fare Futuro Alessandro Campi, il direttore de Il Mattino Virman Cusenza e il giornalista de L'Espresso Marco Damilano.

Un sereno confronto tra tre giornalisti e un professore di storia politica che hanno riflettuto sul ruolo dell'informazione sulla politica italiana legata terribilmente al “meccanismo dell'agenzia” come ha efficacemente sintetizzato Alessandro Campi: un sistema fatto da dichiarazioni che si susseguono a ritmi impossibili con lo solo scopo di mettere in evidenza il politico di turno senza dare reali contributi al dibattito politico. Tanti spunti per domandarsi qual'è il ruolo dell'informazione politica in Italia e se è ancora un modo di fare informazione per i cittadini o semplicemente per dare “un servizio alla politica”. Autoreferenzialità della politica servita da giornalisti che troppo spesso sono figli della stessa politica che vanno a raccontare, si sono sprecati esempi di giornalisti rimbalzati da portavoci a uffici stampa istituzionali passando per le redazioni dei tg della Rai. Una mania, l'autoreferenzialità che non investe solo i giornalisi italiani, duramente criticati dal giornalista americano Wolfgang che usa parole dure “Per quanto riguarda la politica italiana c'è disinformazione” e non solo perchè “quasi tutto quanto viene prodotto è per gli addetti ai lavori” ma “perchè proprio di contenuto non c'è quasi nulla”, ma anche i politici che hanno un rapporto distorto con gli organi di informazione. Se è vero, come dice Damilano, che oggi non è più il transatlantico il cuore della politica, ma le stanze dei leader e ai giornalisti non viene più chiesto di raccontare le stanze della politica ma di affidarsi “ai comunicatori e agli uffici stampa”.

Uno sguardo ai fatti del giorno. Il dibattito non poteva non riservarsi uno spazio all'attualità politica della crisi interna al Pdl tra Berlusconi e Fini, a maggior ragione per la presenza in sala di Alessandro Campi responsabile scientifico della fondazione Farefuturo di cui, il presidente della camera, Gianfranco Fini è presidente. Sarà proprio Campi però ad esimersi dall'entrare in merito alla questione limitandosi a dire un secco “no, non lo siamo” alla domanda -fatta al termine del dibattito- se la fondazione che rappresenta può considerarsi una moderna corrente politica interna ad un partito.

La stessa domanda rivolta al giornalista politico dell'Espresso Damilano apre invece una riflessione sul ruolo delle fondazioni:”Per sapere cosa pensa Fini noi dobbiamo andare a vedere il sito di Farefuturo, cosi come accadrà per Veltroni che sta per entrare in campo con la sua fondazione (a maggio dovrebbe essere inaugurata, ndc) e D'Alema che è dieci anni che ha la sua fondazione ItalianiEuropei”. “I leader, che non amano più le sedi del partiti che alcuni considerano anche zavorre, hanno trovato queste strutture più agili in cui fare politica”.

Wolgang insiste tutti i suoi interventi sull'assenza di informazione in Italia chiedendo “giornalisti che raccontano i fatti e non le opinioni o i pensieri” e infine lancia una provocazione sulla Rai colpevole di fare “disinformazione”:”Non è possibile riformarla, andrebbe chiusa e ripensata da capo”.

Luca Borghini

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