La storia per chi non c’era, tra giornalismo e divulgazione

Conoscere il ‘900 e gli eventi tragici che l’hanno caratterizzato. Ma la vera scommessa della panel discussion, “La storia per chi non c’era, tra giornalismo e divulgazione”,  in programma il 24 gennaio presso il Centro Servizi G. Alessi, è quello di far conoscere il secolo scorso a chi non l’ha vissuto in prima persona. A dimostrazione di come molti degli eventi del ‘900 sono ancora del tutto sconosciuti al pubblico giovanile,  gli esperti di comunicazione di questo mondo, Matteo Marchetti e Luca Sappino di Zai.net, hanno moderato un’interessante discussione a cui hanno partecipato Benedetta Tobagi, giornalista e scrittrice del Libro “come mi batte il cuore”, lo storico Vittorio Vidotto dell’Università di Roma La Sapienza e i giornalisti Giovanni Fasanella e Piero Corsini che collabora con Gianni Minoli per “La Storia Siamo Noi”.

Il tutto moderato da esperti comunicatori per il mondo giovanile.

Oggi chi ha la responsabilità di raccontare la Resistenza, gli anni di piombo e le foibe? Giornalisti, storici, politica e le scuole e ad ognuno va ripartita la propria responsabilità.

“Di sicuro la politica è il centrale inquisitore – commentano Vittorio Vidotto, Giovanni Fasanella e Piero Corsini di Rai Storia -. “La politica ha le sue colpe, poiché ci troviamo in una fase in cui i nostri rappresentanti tendono ad uccidere lo sviluppo dell’attività culturale – prosegue Corsini -. Oggi il cittadino viene visto come consumatore e non come fruitore. Programmi come la Storia siamo vengono mandati in onda in orari marginali – continua Piero Corsini -.

Il vero problema e che non si considera che i nostri servizi  forniscono gli strumenti per far capire allo spettatore chi sono, da dove vengo e dove vado. Insomma raccontiamo la storia con il punto interrogativo”.

Obiettivo della storia, dunque, è quello di far conoscere il passato in modo poter comprendere noi e il nostro futuro. Se da una parte il giornalista mette al servizio del pubblico la vera complessività della storia, raccontando e documentando, gli storici accademici non fanno nulla per coinvolgere il giovane spettatore. “Il vero colpevole è lo storico, il professore – commenta Fasanella – in quanto rimane seduto dietro alla sua cattedra e va alla ricerca prove, documenti per ricostruire l’evento passato. Quindi ben venga la figura del ricercatore storico, il quale deve avere sete di conoscere, provare e documentare”.

Annamaria Gargani

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