Ultima fermata Tempelhof

Appuntamento per un reading, in intimità.

Sala Lippi, ore 19.00, l'impegno di Valeria Palumbo, caporedattore dell'Europeo, e di Sonia Grandis, attrice e regista, nel riportare alla luce un numero storico del periodico d'attualità L'Europeo: “Il Muro di sangue”.
Il trillo del triangolo dà il via a questa marcia per la memoria che ripercorre le “tappe” di Berlino, la sua storia compito primo di questa ricostruzione, inserita nel contesto di momenti salienti della guerra fredda e poi... la caduta del muro.
Il trillo del triangolo permette il passaggio della “palla” dalla voce narrante dell'una a quella dell'altra, accompagnate da filmati e foto d'epoca, montaggio di Andrea Malvasi.

Ore 18.53 del 9 novembre del 1989 il ministro della propaganda della Ddr Schabowski affermava che "da subito" sarebbero stati concessi permessi meno restrittivi ai cittadini della Germania dell'Est per entrare all'Ovest. E queste parole facevano cadere involontariamente il muro di Berlino.

E da queste parole s'innesca un processo che va a ritroso, a scavare con un'analisi lucida  dubbi e incognite che sfaldano continuamente la tela di fatti tessuta attraverso le testimonianze delle grandi firme del giornalismo italiano.

“Ultima fermata Tempelhof” prende il nome dall'aeroporto di Berlino che permise il ponte aereo che salvò Berlino ovest nel '48. Azione intrapresa nella guerra fredda dagli Stati Uniti e alleati dell'Europa occidentale per trasportare cibo e bisogni di prima necessità alla città circondata dai sovietici.

Arrigo Benedetti  racconta il suo viaggio 1948. Il racconto non si ferma a Berlino, ma contestualizza Berlino in un ambito più vasto, europeo.

La pagina di Oriana Fallaci è documento della rivoluzione ungherese, del “paese più martoriato d'Europa”, nel quale non riuscì ad entrare. Oriana non sapeva sarebbe andata a fare corrispondenza di guerra.

È documento del paese di Ludmilla, studentessa del politecnico, col fratellino fucilato dai Russi. Ludmilla dice ad Oriana:“Combatterò fino a quando non mi fucileranno” e lo dice come fosse la cosa più naturale da dire per una ragazza.
Interessante la testimonianza del giornalista che riuscì ad entrare a Budapest, Indro Montanelli...
La primavera del '68 a Praga, alba di un nuovo socialismo, nelle battaglie combattute dalla radio. Se non più grazie a Radio Praga, ormai in mano al Dominatore, dalle emittenti fantasma, coraggiose.

Il numero 47 dell'Europeo, stilato da Saverio Vertone, a proposito della Berlino del 1989, anno zero: “il muro avevano cominciato a demolirlo silenziosamente...”.

"Ich bin ein Berliner" (siamo tutti berlinesi) il discorso di John F. Kennedy a Berlino Ovest, meta di questa marcia.
Finita l'immobilità dell'ideologia, ricomincia la storia.
Storia che ci supera, storia come ignoto.

Giulia Merelli

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