Ore 12:00, Sala dei Notari
L’International Journalism Festival ha ospitato oggi Margaret Sullivan, prima donna a ricoprire il ruolo di direttore per la testata The Buffalo News, due volte direttore dell’American Society of News Editors, membro del comitato del Premio Pulitzer e oggi Public Editor del New York Times.
Nel corso dell’incontro moderato da Raffaella Menichini, giornalista di Repubblica, si è discusso del ruolo del public editor, figura pressoché inedita in Italia, che ha il compito di gestire, con una collocazione esterna dunque neutrale rispetto al giornale, i commenti e le opinioni del pubblico, un trait d’union dunque tra la voce della platea e la redazione, con la responsabilità di funzionare soprattutto come garante per il lettore.
Un ruolo inserito nel nuovo percorso digitale che oggi i media stanno intraprendendo e che rappresenta una sfida per la professione giornalistica che, secondo la Sullivan, necessariamente deve tenere il passo: “Ho dovuto aggiornarmi rispetto alla mia idea romantica legata all’odore dell’inchiostro e al rumore delle rotative, ma ne ho mantenuto alcuni valori”. Ed è così che spiega come questa “conversione al digitale”, vissuta da lei in prima fila, debba necessariamente portarsi dietro dei principi ai quali il giornalismo non dovrà e non potrà mai rinunciare se vuole mantenere un rapporto di fiducia con il suo pubblico. Innanzitutto l’integrità – “il giornalismo di responsabilità è la cosa più importante che possiamo fare” – e la veridicità, messa sempre più a dura prova dall’inseguimento della velocità a tutti i costi ma che non può non continuare a misurarsi con l’obbligo della verifica delle fonti, un compito per cui c’è ancora bisogno “del controllo e del lavoro di gambe del giornalista classico”. C’è in corso una grande sfida etica, secondo la Sullivan, e se si vuole svolgere un compito di garanzia e creare un contatto diretto con il lettore, il cui contributo diventa sempre più centrale nel vorticoso cambiamento in atto, “la trasparenza è la scelta migliore”.
“Siamo nel mezzo del guado di questo cambiamento in cui il giornalismo diventa digitale e non dobbiamo perdere questi valori nella transizione verso il nuovo mondo” sostiene la Sullivan, che conclude: “Ci aspettano grandi sfide ma ci divertiamo troppo per smettere di essere giornalisti”.
Valentina Marinelli